“Nella tempesta” di Motus al Festival internazionale del teatro in piazza di Santarcangelo di Romagna

Disperazione e rivoluzione: nella tempesta di oggi

Il titolo “Nella tempesta” da un lato fa riferimento allo studio compiuto da Motus sul dramma di Shakespeare, dall’altro rimanda a una tempesta più attuale, quella che si abbatte sui migranti che oggi viaggiano verso Lampedusa in cerca di salvezza.

Il punto di incontro tra i due naufragi portati sulla scena, è l’attualizzazione della “Tempesta” shakesperiana in chiave post-coloniale, con il re Prospero usurpatore della terra del selvaggio Calibano; un’opera che è stata scritta nel 1968 da Aimé Cesaire, originario della Martinica francese.

Motus fa convergere e annoda insieme questi tre fili nello spettacolo che ha portato a Santarcangelo.

La messinscena, che dura poco più di un’ora e mezza, è scarna nella scenografia: sono gli stessi attori a costruirla, sfruttando un grande riflettore posto al limite del palco e un’alta pila di coperte che gli stessi spettatori hanno portato in teatro su richiesta della compagnia.

Allo stesso tempo, invece, sono amplissimi e variegati i linguaggi adoperati sulla scena; gli attori inoltre recitano su piani sempre diversi: dialogano tra di loro impersonando i protagonisti della “Tempesta” shakesperiana, successivamente recitano nelle vesti di se stessi intenti a scambiarsi riflessioni e informazioni sull’opera, in un’altra occasione si rivolgono – in inglese – direttamente al pubblico coinvolgendolo nella messincena. L’effetto sortito a mio parere non è stato né gradevole né efficace; la scelta di intervenire con continui mutamenti sulla scena ha sacrificato armonia e linearità di narrazione. Abbiamo assistito a gran parte dello spettacolo spaesati perché incapaci di riconoscere i motivi percui in un dato momento venisse abbandonata una certa modalità di rappresentazione e ad essa ne fosse preferita un’altra.
_ Proprio come in un naufragio il naufrago non riesce a mantenere la rotta e si trova in completa balia delle onde, indeciso sulla stategia da perseguire per affrontarle, allo stesso modo la mescolanza di linguaggi scenici sembra ingovernata e casuale – eccezion fatta per il video inserito al termine dello spettacolo.
_ Non ho percepito i continui cambiamenti di registro come un mezzo in grado di dare più valore alla messa in scena del naufragio, piuttosto come l’esito di una confusione e una indecisione più profonda; se l’utilizzo di linguaggi e stili variegati e inattesi sortisce solitamente l’effetto di ridestare il pubblico dal torpore che lo caratterizza, è anche vero che un utilizzo smodato di questi, spesso riesce a riportare lo spettatore in quello stato catatonico dal quale disperatamente si era cercato di liberarlo.

Altro elemento che caratterizza fortemente l’opera è l’enorme quantità di materiale verbale. “Nella tempesta” è uno spettacolo molto parlato; il linguaggio è un linguaggio sporco, amaro, talvolta diventa più aggressivo, in altre occasioni vira su toni più evocativi, poetici. Comunica, sostanzialmente, una disperazione senza soluzione e una continua volontà di ribellione; non è assente, ad ogni modo, una certa dose di narcisismo: la condizione di dolore in qualche maniera è compensata da un sentimento di compiacimento.
_ Un’immagine probabilmente rappresenta bene questo aspetto; Silvia Calderoni, l’attrice protagonista, nel video già citato, posto a conclusione dello spettacolo, incontra a Roma i migranti, impegnati in una manifestazione per conquistare i propri diritti fondamentali. Una volta uscita dal dormitorio dove molti di loro risiedono, Silvia si ferma lungo la strada, si accuccia e con le mani nei capelli si dispera, perché da un lato è intenzionata ad uscire dalla realtà/non-realtà del teatro per conoscere i problemi che affliggono le fasce più deboli della società, dall’altro, però, si sente terrbilmente incapace e inadatta ad affrontarli. L’esito è una solitaria disperazione di fronte ad una questione collettiva come quella dell’immigrazione. Come uscire dall’impasse? Forse ridenfinendo e riproporzionanando il proprio ruolo, specializzandosi e impegnandosi al meglio a svolgere un mestiere e, contemporaneamente, cercando di ritrovare la fiducia nel prossimo: molte persone tra il pubblico hanno condiviso lo stesso dramma che Silvia ha messo in scena sul palco; è necessario cercarsi per unire le forze.

“Nella tempesta” di Motus
_ Spettacolo in italiano con sottotitoli in francese e inglese
_ di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
_ con Silvia Calderoni, Glen Çaçi, Ilenia Caleo, Fortunato Leccese, Paola Stella Minni
_ Durata 1 ora e 25 minuti