“Nomad” di Sergej Bodrov e Ivan Passer

Una saga epica ambientata nel Kazachstan del XVIII secolo

“Nomad” è una Costosa e pittoresca favola epica ambientata e girata nelle selvagge steppe del Kazachstan, diretto da due registi noti e con un cast internazionale. Il kazachstan, invaso dai crudeli Ungari, si riscatta grazie alle gesta dell’eroe Mansur, che guida le tribù Kazake, finalmente riunite, in una battaglia vittoriosa contro l’invasore.

Il film, costato 40 milioni di dollari (il più costoso nella storia del cinema Kazaco) e fortemente voluto dal presidente della ex-Repubblica Socialista Sovietica del Kazachstan, è stato presentato all’ultimo Festival di Locarno. E’ una favola epica che racconta le gesta di Mansur, un eroe che riunirà le tribù nomadi del suo paese, che riuscirà a liberare, contro gli occupanti Ungari. Lo sceneggiatore, Rustam Ibragimbekov, noto soprattutto per le sceneggiature di molti film di Nikita Mikhailkov, non ha dimenticato proprio nulla: c’è la profezia, che si avvererà malgrado la volontà del crudele re degli Ungari, il bambino rapito che diventerà il fiero combattente, che solo molto più tardi scoprirà di essere il figlio del re, un guerriero forte e saggio che gli trasmetterà i valori della nobile stirpe dei kazaki, i quali rivendicano le origini del grande Gengis Khan, e un crudele guerriero ungaro sconfitto dall’eroe in un duello.

A ciò si aggiunga un cast internazionale di tutto rispetto, con Jason Scott Lee (volto dello star-system hollywoodiano noto per Rapa nui e per altre prove, nelle quali ha spesso interpretato ruoli di combattenti orientali) e Jay Hernandez, giovane attore che ha lavorato in Hostel, dai tratti decisamente ispanici (cosa ci può fare un attore ispanico in Kazachstan, se non un film pseudo-hollywoodiano?).

La realizzazione del film è stata piuttosto travagliata. Inizialmente la regia era stata affidata a Ivan Passer, regista ceco della Nova fala, che aveva lavorato ai primi film di Milos Forman (il quale tra l’altro figura anche come produttore esecutivo di questo film) prima come assistente, poi come sceneggiatore, e che prima dell’invasione sovietica aveva realizzato un paio di ottimi film, ma che dopo l’espatrio negli USA non era riuscito a realizzare film all’altezza del talento che aveva dimostrato in patria. Interrotto per problemi finanziari, il fim successivamente viene portato a termine da Sergej Bodrov, regista russo di lungo corso, ma dalle nostre parti noto soprattutto per il suo Il prigioniero del Caucaso. A ciò si aggiungano le pressioni dei produttori americani, la Weinstein Company, per inserire un maggior numero di scene di battaglia e per dare maggior risalto alla storia d’amore tra l’eroe e l’eroina, secondo tutti i canoni del “genere”.

Malgrado ciò il risultato è un film che si guarda con piacere (è consigliabile per una visione non troppo impegnativa in una arena estiva) soprattutto per le scenografie e per i costumi, per i colori di un paese lontano e affascinante. Nelle neonate cinematografie sorte dopo il crollo del Muro di Berlino la tentazione del Kolossal, specialmente nel trascorso decennio, è forte. E’ un po’ come una febbre: di solito, dopo aver sperperato inutilmente qualche milione di dollari senza avere ottenuto lo sperato risultato, passa.

regia: Ivan Passer e Sergej Bodrov
cast: Jay Hernandez, Kuno Becker, Dilnaz Ahmadieva, Jason Scott Lee, Aziz Beyshinaliev
Colonna sonora: Carlo Siliotto
Fotografia: Dan Laustsen, Ueli Steiger
Nazione: Kazachstan
111′, colore