Non solo cinema al Festival Africano, d’Asia e America Latina 2015

Milano ospita registi affermati, premia opere prime, ripropone i classici

Tanti premi, tante opere, tanti appuntamenti. Si è conclusa da poco l’ultima edizione del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina organizzato a Milano dal 4 al 10 maggio scorsi. Ecco i numeri: 25esima edizione, 7 giorni, più di 60 film tra corti e lungometraggi (selezionati tra una rosa di 800 titoli e sottotitolati in italiano), 3 mostre, 6 luoghi/spazi in centro a Milano, 1 sezione speciale “Films that feed” (in collegamento con i temi dell’Expo), 6 Africa Classics, ospiti internazionali, incontri, eventi speciali (tra cui l’Ora del Tè e Masterclass), spazio scuola e università.

Una kermesse a tutto tondo che è cresciuta negli anni ed è apprezzata per aver fatto da trampolino di lancio a tanti registi poi affermatisi nel panorama internazionale. Dopo un quarto di secolo il Festival internazionale milanese si distingue oggi per la varietà delle sue proposte, l’elevata qualità delle pellicole e l’atmosfera cordiale e a misura d’uomo, come una famiglia che si ritrova ogni anno.

Madrina di questa edizione speciale la cantante di origini marocchine Malika Ayane che è salita sul palco dell’auditorium San Fedele per la premiazione del vincitore, assieme ai membri della giuria guidati dal regista mauritano candidato al premio Oscar Abderrahmane Sissako. “I film – hanno commentato Annamaria Gallone e Alessandra Speciale, direttrici artistiche del Festival – sono scelti per la loro valenza artistica e  l’importanza nel dialogo interculturale. Lavoriamo tutto l’anno soprattutto nelle scuole per educare alla mondialità”.

Nella categoria Miglior cortometraggio ha primeggiato “4 Avril 1968” di Myriam Gharbi (Francia, Guadalupa, 2014). Ha ritirato il premio la produttrice del film Celine Farmachi, per questa breve pellicola che mette in scena la storia della piccola Sabine e del suo fortuito incontro nella foresta con un giovane straniero negli anni delle proteste delle comunità nere negli Stati Uniti (“Perché riesce a parlare della lotta per i diritti civili, in un periodo storico molto complicato…”).

Nella categoria Miglior lungometraggio ha trionfato “The Storm makers: Ceux qui amènent la tempête” di Guillaume Suon (Cambogia, Francia – 2014), sulle nuove schiavitù delle giovani cambogiane. (“Per la sensibilità e la semplicità con cui  racconta tutta l’umanità di fronte ad un dramma universale”). Ha aperto la rassegna meneghina l’anteprima italiana di “Taxi Teheran”, il film di Jafar Panahi girato in clandestinità e vincitore dell’Orso d’Oro all’ultima Berlinale ma costretto a non uscire dal suo Iran. 

Il Cinit – Cineforum Italiano ha partecipato consegnando il Premio (l’acquisizione dei diritti di distribuzione in Italia) al regista egiziano Yasser Shafiey, autore dei 23 minuti di “The Dream of a Scene”, sul tema dell’identità culturale in un meta-film con rimandi esistenziali. Per il pubblico il Festival rimane un’opportunità unica per educarsi all’interculturalità e apprezzare titoli che altrimenti sarebbe difficile vedere, tra cinema d’autore e nuove proposte.