PHILIP GLASS: enigma e poesia

Il celebre compositore statunitense ha portato in teatro i suoi lavori per pianoforte nella recente tournèe italiana.

Nato a Baltimora nel 1937, Philip Glass è unanimemente riconosciuto come uno dei maestri della musica colta contemporanea.

Genio prolifico, negli anni ha saputo esprimersi attraverso una quantità di generi musicali: la sua ricca produzione spazia dall’opera (Einstein on The Beach, Satyagraha, Akhnaten, Hydrogen Jukebox) alle musiche per film, (ricordiamo quelle composte per la Trilogia Qatsi di Godfrey Reggio, Kundun, The Truman Show, The Hours) alla danza, alla produzione concertistica. Ma in tempi recenti la sua incredibile versatilità lo ha portato anche a stringere importanti sodalizi con gli ambienti del rock, della musica elettronica e della world music, fino a collaborare con cantautori come David Bowie, Brian Eno, Paul Simon, Suzanne Vega e Natalie Merchant.

Il primo incontro di Philip Glass con la musica avviene molto presto: avvicinatosi all’ascolto di compositori come Beethoven, Schubert e Shostakovic nel negozio di musica del padre, Glass si dedica fin da bambino allo studio del flauto. Ancora giovanissimo si laurea in matematica e filosofia. Dopo gli studi di violino, pianoforte e composizione a Baltimora e a New York, si perfeziona a Parigi con Nadia Boulanger.

Accanto alla preparazione accademica, trae vere e proprie illuminazioni da Ravi Shankar, incontrato nel 1964: dal maestro indiano il giovane Glass apprende una diversa nozione del ritmo basata sulla successione di piccole unità, analoga a quella concezione “additiva” che in quegli anni altri compositori americani come Terry Riley e Steve Reich stanno elaborando. Glass diventa così uno dei principali portavoce di quell’avanguardia musicale che i critici di allora chiameranno “minimalista”: una nuova concezione della scrittura basata sulla riduzione ai minimi termini del materiale sonoro e sulla ripetizione seriale di brevi moduli ritmici e melodici. Un procedimento che scaturisce dal fondamentale rifiuto della complessità e da una diversa concezione del tempo, e che si esprime attraverso una struttura ripetitiva, una tonalità stabile ed una pulsazione costante.

Il discorso minimalista troverà massima espressione in Music In Twelve Parts (1974), lunga indagine musicale della durata di oltre tre ore, con cui Glass intende esaurire definitivamente questo ambito della sua ricerca e congedarsi da esso per arricchire la sua opera di elementi nuovi, accogliendo in essa sonorità coinvolgenti e di più facile ascolto.

Tutta la produzione successiva di Glass si distinguerà così per uno stile che, pur risentendo di una caratteristica forma iterativa, sa valorizzare al massimo le possibilità espressive offerte dalla tonalità, caricandosi di un’accentuata vena lirica e poetica.

Quella stessa vena lirica e poetica che risalta con tutta la sua forza negli studi e nelle trascrizioni per pianoforte solo che Glass ha portato in concerto nella recente tournèe italiana: opere concepite lungo un arco di tempo che va dal 1976 al 2005.

Solo al centro del palcoscenico, Glass fa rivivere al pianoforte le sue creature, ed è il miglior interprete di se stesso. Al risuonare dei primi accordi del celebre Mad Rush (1980), il silenzio della sala cede lentamente il passo ad una pioggia di cristalli taglienti e ad altre trame sonore che le mani stregate del pianista diradano e infittiscono via via. Nella sequenza delle Four Metamorphoses (1989) fragori cupi si spengono in armonie delicate, che s’insinuano sottopelle. Il risultato è una musica incredibilmente sensuale nella sua astrazione: concettuale, difficile, ma non per questo meno diretta.

Ai visionari Etudes for piano (1994 – 1999) segue l’inquieto The Fourth Knee Play (1976).
Le ripetizioni all’infinito dei singoli moduli melodici trascinano la mente in un viaggio apparentemente senza ritorno, in cui la dimensione temporale è stravolta, e le catene del tempo, spezzate. Ma questo ritorno ciclico, ostinato, rivela già un continuo divenire, un aggiungere, un trasformare.

E’ in questo crescere di suoni, nell’intrecciarsi di elementi nuovi, nel variare costante della materia musicale attorno ad un tema identico che si esprime il gioco paradossale dell’eterno ritorno e del divenire continuo: l’enigmatico gioco della vita.

Sito ufficiale del compositore: www.philipglass.com