Picablo è innanzitutto colorato. Scorre veloce, leggero, pieno di luce il nuovo spettacolo di Tam Teatromusica che attraversa come in un sogno a tinte accese la vita pittorica di Pablo Picasso, le sue tappe artistiche, il suo sguardo sulla realtà.
Nessuna materia però, nella messa in scena ideata da Michele Sambin e scritta da Pierangela Allegro: niente tele, pennelli, tubetti di colore. L’arte di Pablo Diego Josè Francisco Juan Maria Cipriano Clito Patricio (per citare solo alcuni dei nomi di Picasso) si abbandona all’intangibile e diventa un susseguirsi di pennellate digitali, proiezioni video, alchimie elettroniche di byte sul grande fondale.
Sul palcoscenico di SGUARDI, la festa/vetrina del teatro contemporaneo veneto, pone dunque la sua firma poetica il Tam: questa volta per mano dei leggerissimi interpreti Flavia Bussolotto e Alessandro Martinello, lievi e gioiosi, a interagire con i capolavori di Picasso, decomponendoli, inseguendoli, cancellandoli e richiamandoli a sé. Come in un gioco d’arte reinterpretato, o meglio rivissuto, in un riappropriarsi dell’ebbrezza del colore e delle forme.
Il pubblico, fin dall’inizio, è chiamato a raccolta nello studio di Pablito. La faccia di Picasso si sovrappone ai suoi quadri, le immagini riempiono la scena; le sue creazioni diventano una colomba bianca, i disegni scappano, compaiono i saltimbanchi, la musica di Sambin avvolge il tutto in una nuvola allegra, che solo a Guernica si incupisce: è un viaggio di sogno, senza la materia le opere amplificano la loro leggiadria, le campiture di colore giocano con le partiture musicali, e viceversa. I quadri si animano, gli attori diventano parte del dipinto, ma non stiamo parlando di tableaux vivants, anzi: gli interpreti contemporaneamente sono, fanno e dis-fanno il dipinto. Perché è nelle loro mani il computer che genera il mondo digitale di Picablo, è nelle loro mani la tavolozza elettronica che produce i colori: è tutto dal vivo, per ri-fare, ri-creare, per riportare alla vita l’atto creativo che fu di Picasso.
È un gioco a carte scoperte, che un po’ scortica la fascinazione in cui il pubblico è avvolto, questo Picablo. Alla platea il gioco d’arte elettronico è svelato: siamo ammaliati dalla bellezza imponente di colori, forme, movenze; siamo nel sogno, nel circo di magie delle video animazioni di Raffaella Rivi, ma abbiamo contemporaneamente gli occhi aperti; vediamo cosa accade, come accade, perché accade.
E questo genera la tensione: e se il computer si blocca? Certo, è l’eterno dilemma dello spettacolo dal vivo: e se l’attore dimentica una battuta? A SGUARDI Picablo si blocca davvero, ma sono bravissimi, Flavia Bussolotto e Alessandro Martinello, a tenerci lì con loro, nell’atmosfera che erano riusciti a creare fino a quel momento. Non ci mollano, non ci cedono al daimon di silicio che, per un minuto interminabile, potrebbe decidere i loro destini tentando gli spettatori con il gusto dell’imprevisto, del fuori scena, dell’inghippo. Della supremazia della macchina sull’uomo. La lotta è tutta lì, il Tam lo sa: ogni volta è un rischio, ma contemporaneamente ogni volta è un atto d’amore e di volontà artistica irrinunciabile.