Lily (Ludivine Sagnier) è una ragazza un po’ matta, che vive nella realtà adattandola al proprio spirito libero e sfacciato, a un’immagine eccessivamente onirica che lei percepisce dalla natura intorno a sé. Vive con la madre in una casa di campagna, circondata da prati e foreste.
Tra il tacchino che le tiene compagnia, la sua mania di mettere roditori morti nel congelatore (per poi farne morbide pantofole o altri accessori) e la sua tendenza a dire in faccia verità scomode, Lily non è attrezzata per vivere nella nostra società. La sua infantilità, senza regole, è vista con diffidenza, e paura, dalla gente del villaggio.
Clara (Diane Kruger) è la sorella matura di Lily, vive a Parigi, dove è sposata con un giovane avvocato in carriera. Lei è la sorella che fin da subito ha dovuto dare il buon esempio, impersonando la figlia modello, quello che Lily non era. Obbligata a frequentare Legge e a scegliere la strada che il padre, poi morto, le ha imposto, nutre un sincero affetto, comprensivo, per Lily.
Le due, soprattutto Clara, hanno dovuto conformarsi obbligatoriamente alle scelte del padre, come dice Lily in una scena, per i genitori o avrebbero dovuto studiare legge o medicina: “Clara ha fatto legge e io medicina, ma dalla parte del paziente!”
La morte improvvisa della madre delle due sorelle, porta a Lily a stravolgere la propria vita.
Come le fanno notare quasi tutti intorno a lei, Lily è un problema, che rischia di comprometterle la vita, per questo deve prendere una decisione. Ma Clara non si arrende, nonostante l’impegno, a volte assillante, che comporta l’occuparsi, e risolvere, le stravaganze di Lily.
Per cercare di avvicinarsi alla sorella minore, Clara si trasferisce da lei, affrontando anche un passato non facile.
La spudoratezza di Lily, nel dire esattamente quello che le passa per la testa, nel non avere minimamente una visione distorta della realtà, pur vivendo di una sua utopia, epurando le convenzioni imposte dai gesti e dalle frasi, è un aiuto, spesso, per un’introspezione personale.
Mentre girava il suo primo lungometraggio Frankie (che parlava di una celebre modella, che a soli 26 anni, si trova ricoverata in una clinica psichiatrica per una grave forma di depressione, costretta a ripensare alla sua vita e all’origine della malattia), la regista Fabienne Berthaud ha incontrato una malata di mente, con una limpidezza e infantilità notevoli, tali da farla diventare protagonista di un suo romanzo, che ora, presentato nella sezione Quinzaine des Realisateurs del Festival di Cannes, è diventato un film.
Pieds nus sur les limaces (Lily Sometimes) è una favola gioiosa, una favola moderna e vera, spontaneamente hippie. La drammaticità, che la responsabilità di curare Lily comporta, è appagata dalla sua innocenza, senza schemi, pura. Le verità, aspre, ma vere, sul passato e sul presente, pronunciate da Lily, sono lance che attraversano Clara.
L’amore, la diffidenza, la paura e la gioia che affrontano le due sorelle compromettono l’ordine prestabilito dalla società. “Non è facile amare qualcuno” – dice Clara. “E’ più difficile non avere nessuno da amare”, risponde Lily.
La bravura vitale e di provata maturità dell’attrice Ludivine Sagnier (resa nota da François Ozon in Gocce d’acqua su pietre roventi) arricchiscono di sensibilità e sincerità disarmante questo film. Come l’interpretazione di Diane Kruger, un’insoddisfatta, che sogna di essere felice, che è altamente sofisticata nel conferire toni tragici e sereni a Clara.
Fabienne Berthaud, con questa sua opera, spiazzante, pur con sfumature bucoliche, ha raccontato una fiaba onesta di amore. Non ha esulato dal raccontare le paure, anzi, le ha affrontate con un pragmatismo scottante.
Pieds nus sur les limaces (Lily Sometimes) è un film viscerale e arguto, che fa riflettere e che diverte, in modo intelligente.
Titolo originale: Pieds nus sur les limaces
Nazione: Francia
Anno: 2010
Genere: commedia
Durata: 1h 48
Regia: Fabienne Berthaud
Cast: Diane Kruger, Ludivine Sagnier, Jean-Pierre Martins, Denis Menochet, Reda Kateb
Uscita: Cannes 2010