Il Signor Palomar si trova davanti alla gabbia di Copito de Nieve, un gorilla albino, alla zoo di Barcellona. Lo osserva e ne riconosce i tratti da uomo di razza bianca e lo sguardo carico di desolazione, pazienza, noia, uno sguardo che esprime tutta la rassegnazione ad essere come si è, unico esemplare di una forma non scelta, non amata.
Poi l’attenzione di Palomar si rivolge al copertone di automobile che Copito stringe tra le zampe. Mentre la compagna e i suoi cuccioli lo usano per sedervisi o per giocarci, Copito lo stringe a sè. Perchè lo fa? si chiede Palomar. Perchè Copito de Nieve, al pari di tutti gli uomini, ha bisogno di rigirare tra le mani un vecchio copertone vuoto mediante il quale [tutti] vorremmo raggiungere il senso ultimo a cui le parole non giungono.
Chi conosce Italo Calvino sa che pagine di questo genere non sono rare in un libro come Palomar, il romanzo di chiusura di una carriera letteraria che ha portato Calvino a rappresentare tutti i generi letterari dal neorealismo alla letteratura combinatoria.
Palomar non è un romanzo come gli altri. Esce nel 1983, due anni prima della morte di Calvino, e rompe un silenzio letterario che era iniziato dal 1972 poco dopo la pubblicazione delle Città invisibili. Dieci anni in cui Calvino scrive solo sui giornali, prima il Corriere e poi su Repubblica, ed è proprio sulle pagine di questi quotidiani che nasce il signor Palomar. All’inizio è l’alter ego di Calvino che, davanti alla crisi politica della società italiana degli anni ’70 /’80, si rende conto che non si può spiegare razionalmente il mondo nè si può dare un modello di conoscenza. L’unica cosa che il letterato può fare è osservare il mondo e tentare di descriverlo.
La descrizione è l’elemento portante dei 27 racconti che compongono Palomar: la descrizione di un’onda, del cielo, la luna di pomeriggio, del volo degli storni, di una tempio buddista a Kyoto, di una bottega di formaggi. Tuttavia si tratta di una descrizione non finalizzata a sè stessa, ma volta a introdurre una riflessione di ampio respiro. Il signor Palomar è un uomo che riflette su tutto e che si interroga sul senso dell’esistenza, ponendosi delle domande cosmiche a cui non può dare una risposta, non perchè sia impossibile per l’uomo dare una risposta ai perchè del mondo, ma perchè Plaomar-Calvino non è capace.
Il lettore incontra il signor Palomar mentre osserva gli oggetti in modo insolito, straordinariamente dettagliato: un seno nudo in spiaggia, la città di Roma descritta attraverso i tetti visti dall’alto della terrazza di casa, la pancia del geco, delle tartarughe che si accoppiano e il cielo. Chi meglio di Palomar, che porta il nome del più grande osservatorio astronomico, può alzare gli occhi e guardare le stelle. Dal cielo Palomar passa alla contemplazione dei negozi di formaggio francesi: questo negozio è un dizionario e la lingua è il sistema dei formaggi nel suo insieme, una lingua, la cui morfologia registra declinazioni e coniugazioni in innumerevoli varianti e il cui lessico descrive una ricchezza inesauribile di sinonimi.
Il Signor Palomar rilette su sè stesso e sul suo relazionarsi con il mondo, e lo fa sempre con la semplicità apparente che contraddistingue il modo di narrare di Calvino.
Palomar è un romanzo che Calvino ha riassunto così: un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato. Non ci arriva Palomar nè ci arriva Calvino, ma tutti e due scoprono che il mondo può essere visto da un altro punto di vista, e ogni oggetto, anche quello più inutile, ha un suo significato nella vita di ognuno.