I Symphony X con Paradise Lost approdano definitivamente nel metal che conta, un’incoronazione sancita piuttosto palesemente dall’affiancamento con i Dream Theater nel tour che vede protagonisti questi ultimi, attualmente in giro per il pianeta e prossimamente anche in Italia.
Paradise Lost ha un grande e significativo vantaggio rispetto ad altri dischi dello stesso filone musicale: raramente, e nemmeno nei gruppi più ‘estremi’, un album ha potuto vantare un carisma di tali proporzioni. Paradise Lost è veramente il carisma incarnato musica; basta guardare lo spettacolare artwork che i Symphony X offrono ai suoi fans, ancora più esaltato nella digipack edition dell’album (straordinarie anche le immagini presenti nel loro website ufficiale).
Eventuali ulteriori perplessità a riguardo verranno presto sfumate: l’overture Oculus ex Inferni che i Symphony X hanno concepito è stata pensata proprio per far capire ai loro ascoltatori che si trovano di fronte ad un lavoro decisamente diverso rispetto ai precedenti. I Symphony X ci conducono, senza troppi preamboli, in un contesto ansiogeno e quasi al di fuori dalla comprensione della mente umana: tale il senso di sacro, di immanenza e di pervasività musicale che a tratti sfiora il misticismo sacrilego. Angeli del paradiso o demoni dell’inferno? In Paradise Lost queste due figure archetipe tendono a confondersi, e sembra quasi di assistere a un’epica battaglia tra forze del bene e forze del male, miscelate in un confuso mondo extraterrestre; uno scenario apocalittico, ricordo di una realtà ancestrale, forse di una realtà che non troppo lontana dalla nostra.
Russell Allen, la voce della band, è la novità più significativa che giunge all’orecchio dei fans, lo stile di Russell, infatti, risulta evidentemente evoluto rispetto alla precedente discografia del gruppo: il canto di Russell è decisamente migliorato nella corposità e nella potenza, permettendogli di manifestare uno scream che è un eccellente compromesso tra tecnica e power. La marcia in più dei Symphony X stavolta, a mio avviso, è rappresentata proprio da lui. Grave mancanza sarebbe tuttavia trascurare la straordinaria (ma non è certo una novità) chitarra di Michael James Romeo; il musicista sceglie intenzionalmente di sacrificare una parte del suo set di virtuosismi a favore di un sound che esalti il lavoro globale della band. Ed è anche grazie a questi accorgimenti che può emergere, e molto positivamente, il lavoro del batterista Jason Rullo, del tastierista Michael Pinnella e del bassista Michael Anthony LePond, in crescita anche lui rispetto ai precedenti album (degno di nota lo straordinario intro di Domination, terza traccia dell’album, altro spettacolare esempio di carisma musicale).
Il quinto brano, Paradise Lost, che da il titolo al cd, merita, a mio avviso, di essere considerata la best track di questo lavoro. Un arrangiamento di pianoforte molto dolce e la voce di Allen che, improvvisament,e interrompe il suo potente canto urlato, ci spinge a raccogliere le nostre attenzioni per ascoltare la storia di un angelo caduto; la storia di un angelo costretto a guardare da lontano il paradiso. Lo straordinario cambio di timbro tra la prima e la seconda parte del brano è da brividi, e lo stesso Allen torna ben presto ad urlare la disperazione di questa creatura, con un’ interpretazione che è davvero di alto livello; un cantato di notevole intelligenza musicale, altro segnale di un’ acquisita maturità del musicista americano; nonchè un passo in avanti, a livello qualitativo, per l’intera formazione.
Tracklist
1) Oculus ex Inferni
2) Set the world on fire
3) Domination
4) The Serpent’s Kiss
5) Paradise Lost
6) Eve of Seduction
7) The Walls of Babylon
8) Seven
9) The Sacrifice
10) Revelation