Pinocchio: intervista a Eugenio Bennato tra favola e musica

Collodi e Bennato, due successi tutti italiani

Eugenio Bennato, cantautore napoletano, è stato chiamato dalla Disney a interpretare la canzone Cade una stella, colonna sonora di Pinocchio, il film d’animazione di Walt Disney che compie settant’anni. La canzone When You Wish Upon A Star – Cade una stella – che nel 1940 valse l’Oscar al film, è interpretata da Bennato con il coro “Le matite colorate”, bambini a partire dai 6 anni in su.

Qual è il suo rapporto con il Pinocchio di Collodi e con il Pinocchio della Disney?

Pinocchio di Collodi, per me è un capolavoro, è stato il primo libro che ho letto. Lo posso dire con la più assoluta certezza perché è legato un aneddoto. Io avevo sei o forse sette anni… ero alle prime armi. Io e mio fratello Edoardo leggevamo Pinocchio, ognuno di noi ne aveva una copia, due copie completamente diverse l’una dall’altra, perché uno aveva delle figure e l’altro aveva un’altra copertina. Cominciammo a litigare su quale dei due fosse più bello… e leggendo scoprimmo che erano identici. Fu la nostra scoperta che i libri erano prodotti in serie, eravamo convinti di possederne una copia unica.
Comunque da bambino ho vissuto anche il capolavoro della Disney. Sono due opere diverse che per caso hanno lo stesso argomento. Disney ha avuto l’intuizione di scegliere un argomento straordinario che è quello della favola di Collodi. La vignetta che ha realizzato Bruno Bozzetto per l’occasione è significativa, ha messo a confronto i due capolavori.

Che eredità porta con sè un classico come Pinocchio?

Come ogni classico si rinnova, si applica alla realtà. Non è patetico né nostalgico pensare che Pinocchio abbia questo ruolo di rinnovazione di anno in anno. Disney lo ha disegnato nel 1940, mentre in Europa avevano altre preoccupazioni… Walt Disney è stato lungimirante a dare un senso diverso dell’estetica e del mondo.

La filosofia della Disney si è fatta musica con Cade una stella. Come è nata questa sua collaborazione con la Disney?

Mi sono sorpreso e divertito, perché per la prima volta in vita mia mi hanno chiamato per cantare! Io ho fatto anche cartoni animanti, ma da musicista compositore. Questa volta la cosa era molto più soft e diversa. Chiedevano, appunto, un’interpretazione più particolare a me che sono un’interprete particolare. C’era bisogno di qualcosa che collegasse questa melodia al mondo popolare.
Io che non sono un cantante… beh non in senso classico, ho dato questa interpretazione molto soft. Tutto questo è stato realizzato abbastanza di corsa. Infatti oggi per interpretare la canzone mi son portato il testo della canzone scritto.

Favole e musica. Qual è il rapporto tra queste due forme d’arte?

Io fin da ragazzo son sempre stato attratto dalla cultura popolare. Il collegamento tra favola è musica è molto intimo. La favola, il fantastico, che esiste da secoli e che noi vediamo nelle canzoni popolari, ci porta a posizionarci su dimensioni diverse dalla realtà, che, però, rappresentano la realtà con un linguaggio più intenso, più forte, più folle.
La favola è il luogo della follia, dove può succedere di tutto, dove si passa dalla “Napoli” alla “Rabbia”, dove si può essere inghiottiti da una balena. E la musica è la follia, qualcosa di immateriale che ha a che fare con emozioni e sensazioni così come la favola.

Pinocchio è riconosciuto come una favola universale. Quali sono, per lei, le canzoni universali?

Negli ultimi decenni la canzone ha avuto un ruolo fondamentale anche nella storia. La musica che influenzato il costume come precedentemente non avveniva… un’emanazione del modo di essere. Credo che Bob Dylan abbia dato una svolta alla storia di quei decenni, come i Beatles, come il percorso che si fa e che porta alcuni musicisti a rendersi conto che la musica può essere un grande veicolo del movimento sociale, culturale.
Nel mio ambito, anche se non spetta a me dirlo, molte musiche che ho scritto sono diventate il veicolo di un grande movimento che dal Sud si sta diramando al Nord. Basta dire che venire a Milano oggi e scoprire che ci sono 4/5 scuole di tarantella è un fatto nuovissimo, è un segnale volto al fine di ritrovare le proprie radici, attraverso la musica che è l’elemento di maggior aggregazione.

Il sogno e le esigenze di cantautore e le esigenze del mercato discografico riescono a incontrarsi?

Si incontrato nella metafora collodiana del Gatto e la Volpe, come canta Edoardo “dacci solo quattro talenti e faremo di te un divo da hit parade”, dove ci sono personaggi che mettono sotto torchio giovani aspiranti e propongono per me qualcosa di illusorio. Il successo non ha a che fare con vincere [X Factor->+-X-Factor-2009-+.html?id_secteur=33], [Amici->+-Amici-+.html?id_secteur=33] o [L’isola dei famosi->+-Isola-dei-famosi-+.html?id_secteur=33]. Questi personaggi rappresentano il Gatto e la Volpe che promettono mari e monti ai Pinocchi – concorrenti. Il successo ha a che fare con la propria identità, con la propria anima. È la capacità di dire qualcosa, di far capire che si ha qualcosa da dire. C’è un mondo molto illusorio.
Trovo che la musica leggera italiana sia in una situazione di grande sfascio.
Vorrei dire che, orgogliosamente, noi briganti del Sud stiamo vincendo.

Quali sono i suoi progetti lavorativi?

Sto scrivendo nuove cose. Per un musicista scrivere, comporre canzoni, ballate, significa mettere la mondo qualcosa che prende vita. Con soddisfazione posso dire che nel 1978 ho scritto Brigante se more che è diventato un inno per tante generazioni. I miei progetti sono quelli di continuare questo percorso, che sta interessando soprattutto le nuovissime generazioni, legate a un tipo di musicalità nuova, che affonda le sue radici nel passato.

Foto a cura di Ilaria Falcone Copyright © NonSoloCinema.com – Ilaria Falcone