SANREMO 2010 – PRIMA SERATA

Si comincia. Tutto è buio…sulla sinistra dello schermo vediamo sbucare una coppia irresistibile: Paolo Bonolis e Luca Laurenti. Per un attimo speriamo che restino tutta la settimana del festival, e invece no. Bonolis accenna alla vicenda Morgan non lasciando in pace il cognome di Arisa, “Pippa”, arrivando poco dopo a parlare del “Pippo” nazionale. Si sdrammatizza sulla cocaina… Si parla del ritorno della musica popolare in gara, ma Laurenti afferma che bisogna ringiovanire una manifestazione come Sanremo e si lancia in una travolgente interpretazione di “Crazy little things called love”. Dopo aver fatto registrare il picco d’ascolti con il classico gioco dei “tre buoni motivi” per vedere il festival, lasciano il palco alla tesissima Antonella Clerici che impacchettata in un vestito rosso fuoco stile Jessica Rabbit si catapulta sulle scene attraverso “una cosetta sobria per evitare le scale”, l’astronave, disegnata dal bravissimo Castelli che firma una delle scenografie più belle degli ultimi anni del festival.

Dopo il divertentissimo passaggio di testimone che inaugura la sessantesima edizione del Festival, la strana coppia continua con gli sketch…la porta non si apre… Forse anche la scenografia non vuole che vadano via.

Si comincia con la gara. A rompere il ghiaccio è Irene Grandi con La cometa di Halley canzone scritta da Francesco Bianconi dei Baustelle. Il brano comincia all’improvviso e l’immediato e coinvolgente ritmo colpisce in un primo momento, ma subito dopo, ascoltandola a fondo, sembra di riascoltare una riedizione della fortunata Bruci la Città. Le sonorità del brano e la inconfondibile voce di Irene si candidano da subito ad una vittoria, quella radiofonica. Il secondo che arriva sul palco è Valerio Scanu con Per tutte le volte che. Seduto, cerca di rendere il suo brano molto intimo. Avrà catturato il pubblico? Noi non siamo tanto convinti: il brano è troppo classico per un ragazzo che dovrebbe essere uno dei più giovani “big” del festival. Nel frattempo noi ci rendiamo conto di una cosa: ci stiamo già annoiando…troppi tempi morti. Poi arriva anche sul palco Toto Cutugno con la sua Aeroplani. Soffriamo…

Subito dopo, per fortuna, c’è l’energizzante Arisa. È vestita molto bene, la ragazza sembra cresciuta, anche i suoi occhiali…Malamorenò è allegra come un mix di colori, rosa, verde e fucsia con tocchi di blu. Ci risvegliamo, grazie anche alla simpatica partecipazione delle Sorelle Marinetti. Nel frattempo già canticchiamo la melodia di questo tormentone.

Un rvm ci introduce le prodezze di Antonio Cassano sul campo, ma ci chiediamo l’utilità della sua presenza al festival.

Jammo Ja è il brano dialettale, l’unico al festival 2010, presentato da Nino D’Angelo con la partecipazione di Maria Nazionale.

Marco Mengoni, vincitore dell’ultima edizione di X Factor porta lo stile sul palco: il ragazzo sprizza glam da tutti i pori. Non è teso e la sua interpretazione convince, il brano, come si dice spesso in gergo, “spacca”. Credimi Ancora è radiofonica e permette a Marco Mengoni di mettere in mostra la sua estensione vocale. Il brano è scoppiattante. Lui è la musica moderna, lontana mille miglia dai brani classici sanremesi. Lui è il vero giovane che si presenta fresco alla kermesse (non come Valerio Scanu, che a nostro modesto parere doveva osare di più).

Ritorna l’ “Antonellina” che ci racconta la storia del brutto anatrocolo Susan… Da X Factor al successo d’oltremanica di “Britain’s got talent”. Il fenomeno Susan Boyle elegantissima in un vestito nero cammina goffa verso il pubblico sanremese e stupisce ancora esibendosi ormai nel suo classico I Dreamed A Dream tratto dai Miserabili. Susan prima di andar via lancia un messaggio: “I sogni non hanno una data di scadenza, spero che questo mio sogno possa continuare.”

Simone Cristicchi con Meno Male imita malamente l’originalità delle canzoni di Caparezza. Il testo, pieno di critiche alla nostra società sarebbe anche interessante se non fosse troppo evidente la somiglianza con il rapper pugliese. Rimandato.

È la volta di Malika Ayane con Ricomincio da qui, canzone elegante e di alto livello che vede la firma di Pacifico e Arnò. Tornano i gesti ammalianti delle mani di Malika sul palco dell’Ariston. Nonostante il brano sia ottimamente interpretato non è molto radiofonico. Peccato.

Arriva poi il momento dello strano trio Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici. Il pubblico fischia. Raggeliamo all’ascolto di Italia Amore Mio canzone di cui non avevamo proprio bisogno. Nel pubblico si sventolano bandiere tricolori…mah…perché?

Si parla ancora di Morgan. La Clerici afferma “la mia unica droga è la mia famiglia”. Ma decide, in un altro momento inutile della serata festivaliera, di leggere un passo della canzone di Morgan. In Italia siamo sempre più pazzi… Nel frattempo notiamo notevoli problemi nella scrittura dei testi dello spettacolo a cui stiamo assistendo.. dove sono finiti gli autori? Non avranno trovato qualche polverina bianca lasciata in qualche camerino da qualche cantante che non ha ammesso come Morgan di fare uso di stupefacenti?

Enrico Ruggeri canta La Notte delle Fate: la canzone, molto furba, molto orecchiabile è disegnata perfettamente sulla vocalità di Ruggeri che è talmente perfetto che sembra cantare in playback. Non stona manco se pagato!

La 1735esima canzone cantata al festival è quella dei Sonohra. Dopo qualche problema tecnico i due fratelli riescono a cantare. Baby è la classica canzone rockegiante di un colossal “polpettone” americano…Abbiamo reso l’idea?
Povia, più unto che mai cerca di attirare l’attenzione con l’ennesima esibizione didascalica e retorica. Vuole creare l’ennesimo caso mediatico? Non ce la può fare…soprattutto a cantarci “La Verità”…proprio lui?!?!?

Irene Fornaciari e i Nomadi cantano Il Mondo Piange. Per un momento sembra di ascoltare i Matia Bazar con una nuova cantante…e invece no, sono i Nomadi. Irene è bravissima a cantare, ma il brano non ci convince.
Siamo alle battute finali con le esibizioni. Tocca a Noemi e alla sua Per tutta la vita. È una canzone che bisogna riascoltare sicuramente, infatti il primo ascolto destabilizza. L’unica certezza è la sua graffiante voce. Ultimo ad esibirsi è Fabrizio Moro con Non è una canzone: il reggae style sbarca a sanremo. Ma sinceramente non ne sentivamo il bisogno.

Dopo il magnetico spogliarello della regina del burlesque Dita von Teese, un brivido di sensualità sembra solcare il palco dell’Ariston.

Stranamente sono passati appena 30 minuti dalla mezzanotte e Antonella Clerici è già in grado di comunicarci i nomi degli eliminati: il trio Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici, Toto Cutugno e Nino D’angelo.

Buona notte!