Tutto secondo le aspettative: Star Wars in Concert, lo spettacolo multimediale dedicato alle musiche di John Williams per la celebre saga di George Lucas, è stato potente, divertente, e indubbiamente perfetto nella sua messa in scena – esattamente come doveva essere.
La produzione, giunta a Milano forte di numerose tappe internazionali avvenute nel corso del 2009, difficilmente avrebbe potuto deludere il fan più esigente. Bastava metter piede nell’ingresso del Mediolanum Forum di Assago, e subito si veniva avvolti strettamente dalla speciale mescolanza di solennità, kitsch e nostalgia amalgamata con scaltrezza da Lucas da trentatré anni a questa parte: lungo le pareti stavano, in teche trasparenti, cimeli quali Han Solo intrappolato nella grafite, C-3PO scintillante della sua armatura dorata e, soprattutto, l’oscuro ed inconfondibile armamentario di Darth Vader, icona erede di cyborg e samurai, disegnata in bilico mirabile tra minacce passate e malvagità ancora da immaginare. Tra queste vestigia, parte di una più ampia collezione che qualche anno fa aveva girato il mondo alla pari di Star Wars in Concert (e che era approdata anche a Milano, in Triennale), si aggiravano caratteristi in costume, agghindati fin nei minimi dettagli come gli eroi dei film, e pronti a posare per le macchine fotografiche della folla che si accalcava attorno a loro. Sul fondo della sala, in una teca isolata, stava un reperto forse più significativo degli altri, vista la speciale occasione: tre grandi pagine autografe di John Williams.
All’accesso in sala, l’evocazione dell’universo lucasiano proseguiva incessante: mentre gli spettatori (non molti, in verità: ma era già la terza replica) prendevano posto, suoni e voci estratti dai film echeggiavano suggestivamente, accompagnando l’entrata di ben ottantasei elementi della Royal Philharmonic Concert Orchestra e di sessanta coristi, in attesa del maestro prescelto da John Williams per dirigere l’esecuzione, il belga Dirk Brossé. Ed in attesa anche di Anthony Daniels, già “animatore” del nevrotico C-3PO, per una volta a viso scoperto ed incaricato di arricchire la performance di una rievocazione sommaria ma efficace dei principali fatti della saga.
Allo spegnersi delle luci si è acceso un gigantesco schermo dietro i musicisti: e su di esso, in alta definizione, sono apparse le immagini dei film, montate in sequenze riassuntive alle quali l’orchestra forniva commenti in precisissima sincronia ritmica: ogni sorpresa, esplosione e colpo di spada laser aveva il suo puntuale corrispettivo sonoro, scelto con cura impressionante dalle lussureggianti pagine sinfoniche di Williams. L’esecuzione, non c’è dubbio, è stata di qualità degna di nota: fatti salvi un paio di enfatici allargamenti in un paio di finali, la riproduzione delle familiari esecuzioni in studio abbinate alle due trilogie è stata impeccabile, schiacciante per esattezza e potente di un’amplificazione senza dubbio curata e ben calibrata.
Non un difetto, dunque; eppure ad un certo punto, pur avvinti dal gigantesco spettacolo, era difficile non avvertire qualcosa di anomalo, una sorta di incongruenza, una “perturbazione” nella “forza” del gigantesco spettacolo, volendo usare termini appropriati anche se sin troppo ovvii.
L’idea di Star Wars in Concert, al di là del rutilante dispositivo scenico, presenta in realtà una sola, fondamentale, novità: la possibilità di far apprezzare della musica per film al di fuori del suo usuale contesto -la sala cinematografica- ed in un’esecuzione dal vivo, lasciando così aperte teoricamente le porte a nuove possibilità d’interpretazione. Suonare in concerto musica per il cinema permette di far apprezzare la vitalità, la complessità di un repertorio altrimenti fissato una volta per tutte in colonne sonore, le quali su queste creazioni forniscono solo una singola prospettiva -imprescindibile certamente, e magari di qualità eccelsa, ma infine, per l’appunto, unica.
In Star Wars in Concert tale preziosa opportunità non è stata sfruttata nella maniera dovuta. Il buio in sala e la focalizzazione dell’attenzione sul maxischermo hanno infatti finito per far dimenticare al pubblico la presenza dell’orchestra; l’opera di “occultamento” è stata poi completata dalla perfetta sincronia tra eventi visivi e sonori (tanto implacabile e virtuosistica da parere artificiale) e dall’opera di potenziamento e dislocamento della musica messa in atto dagli altoparlanti del sistema di amplificazione. Gli stessi intermezzi recitati di Anthony Daniels partecipavano nel sottrarre ogni residuo di spontaneità alla messinscena, visto che l’attore recitava rivolgendosi chiaramente non al pubblico, ma alle mobili telecamere che lo inquadravano e lo seguivano in ognuno dei suoi spostamenti. Si potrebbe obiettare che, tutto sommato, l’elemento della perfetta sincronia tra immagini e musica non vada considerato una pedanteria, ma che vada anzi valutato come un pregio raffinato, visto che potrebbe essere addirittura accostato ai risultati di certe illustri tradizioni di musica cinematografica dal vivo -come l’accompagnamento sinfonico dei film muti. L’obiezione sarebbe senza dubbio legittima se, innanzitutto, sul maxischermo fossero apparse immagini totalmente mute (e così non è stato, visto che sin troppo spesso ai personaggi erano lasciate le loro linee di dialogo, tonanti al punto da sovrastare l’orchestra), e soprattutto se la musica fosse stata sincronizzata a posteriori, ovvero a partire dalle immagini, così come accadeva ai tempi del muto e come accade ancora oggi quando un compositore scrive il suo commento ad un’opera cinematografica. Ma in Star Wars in Concert le cose non sono andate così. È stato infatti immediatamente evidente come l’intera scaletta del concerto, montaggi video compresi, fosse pedissequamente tratta da quella di un DVD celebrativo uscito nel 2005, e distribuito come extra assieme al CD della colonna sonora di Star Wars Episode III: The Revenge of the Sith. Star Wars: A Musical Journey era il titolo della singolare produzione, che proponeva brani scelti dalle colonne sonore originali, sulle quali erano adattati assemblaggi di sequenze tratte dalla saga. Non la musica dal film, dunque, ma il film dalla musica: non cinema, ma, piuttosto, videoclip. Portati di peso in Star Wars in Concert, i filmati del DVD hanno chiaramente portato “in dote” allo spettacolo una sincronia audiovisiva precostituita e non modificabile: Dirk Brossé e i suoi musicisti hanno dunque dovuto per forza di cose adattarsi a ricalcare gli originali di Williams, pena una compromissione grave della tenuta dello spettacolo. Risultato finale: d’impatto e d’intrattenimento, senza dubbio, ma ben poco simile all’esperienza di un concerto. Sembrava invece, una volta di più, di essere al cinema: il luogo giusto per Star Wars, senza dubbio, ma la musica di Williams per una volta, e per rendere realmente memorabile l’evento, avrebbe meritato qualche imprevisto in più.