STUDIO UNIVERSAL. IL RITORNO DI UN CANALE

Un evento per celebrare vita, morte e risurrezione di un brand della televisione italiana

Un breve segmento che per noi ha spesso anticipato la visione di un film. Il globo terrestre che gira su sé stesso e, di fronte a questo, una scritta: «Universal». Ancora oggi se solo guardiamo per pochi secondi questo promo si innesca in noi una reazione di attesa ed entusiasmo in ricordo di tutte le emozioni che il grande cinema, promosso da questa casa di produzione, ci ha regalato.

Nel 1998 nasce in Italia il canale televisivo Studio Universal dedicato alla diffusione del cinema classico americano. Un canale tematico deciso a riproporre e far conoscere sempre più i film che hanno fatto la storia. Lungometraggi degli anni passati ancora in grado di stupirci, commuoverci, emozionarci e coinvolgerci.
Oggi Studio Universal si racconta in un evento dedicato a celebrare la storia di questa emittente «risorta» nel 2009 dopo un anno di spegnimento e trasformatasi ormai in un affermato brand della televisione italiana.
L’evento, consistente in una mostra e in un ciclo di piccoli workshop ospitati dall’Università Cattolica di Milano, è stato presentato in una conferenza per giornalisti e studenti. Dietro al tavolo dei relatori vi erano: Carlo Freccero (Direttore di Rai4), Aldo Grasso (Docente dell’Università Cattolica), Milka Pogliani (Presidente di McCann Worldgroup) e Luca Federico Cadura (Chairman di NBC Universal Global Networks Italia, operante per il canale Studio Universal).

Grazie ai relatori, la conferenza si è maggiormente sviluppata come una coinvolgente lezione di Marketing e comunicazione. Ovviamente la linea guida è stata un efficace case study riguardante questo brand televisivo ora ben consapevole della propria mission e capace di raggiungere obiettivi ben definiti.
Cadura ha appunto esposto la storia del canale che nel 1998, per la prima volta in Italia, è stato distribuito sulla piattaforma Stream. Inizialmente la campagna pubblicitaria è stata ideata nel modo sbagliato. La frase di lancio «Se la televisione non va al cinema, il grande cinema va alla televisione» lascia intuire agli abbonati che questo «grande cinema» sia costituito soprattutto da film in prima visione, quando Studio Universal trasmette invece i capolavori del cinema classico. Nonostante questo errore iniziale nel posizionamento, durante gli anni successivi vengono ideate campagne pubblicitarie divertenti e d’effetto, che definiscono già quello che poi sarà il tratto distintivo caratterizzante la comunicazione esterna di questo marchio televisivo.

Col tempo si comincia a capire che in qualsiasi caso «la possibilità di successo è sempre legata alla proposta di qualcosa di unico e interessante». Nel 2000 ci sono infatti molte emittenti che trasmettono film e non una che trasmetta cinema. Studio Universal comunica quindi agli spettatori che il suo canale propone solo cinema di qualità e appunto l’headline pubblicitaria diventa: «il cinema non ha mai fine».
Studio Universal ha sempre più successo anche dopo essersi trasferito sulla piattaforma Sky con cui trasmette fino al 2008, quando però cominciano i problemi. In quest’anno infatti l’azienda di Murdoch non rinnova il contratto col canale e lo spegne.
Solo nel 2009 un accordo con Mediaset Premium, sul digitale terrestre, sembra ridare vita all’emittente che dall’8 maggio dell’anno scorso ha ricominciato a proporre una programmazione ricca di film di qualità, approfondimenti, documentari, backstage e rassegne.

Verrebbe da chiedersi a questo punto se «è ancora importante una rete di cinema basata sui film di archivio e di catalogo», ed a questa domanda ha risposto Freccero parlando di Studio Universal. In una contemporaneità in cui la storia del cinema non è più solo materia per eruditi, «nell’epoca della serialità e dei cicli è importante appunto tornare alle radici del modello e confrontare le sue riscritture, poiché proprio in questo confronto sta uno dei processi fondamentali della fruizione. Gli autori di oggi non impongono più, come nel ‘900, una propria visione del mondo, ma si misurano con l’immaginario culturale presente intorno a loro. Fellini ad esempio esprimeva le fantasie del maschio italiano di provincia, Tarantino esplicita invece un immaginario maggiormente cinematografico. Ogni sceneggiatura oggi è un’opera originale, ma anche una rilettura di innumerevoli copioni precedenti: appunto per questo, il cinema del passato e i film di catalogo sono ancor più fondamentali».

Non si può che accogliere positivamente la rinascita di un’emittente che fa riscoprire i grandi capolavori. Un canale in grado di mostrarci quali sono i riferimenti fondamentali con cui comprendere meglio le opere distribuite nelle sale.