Una coppia omosessuale alla ricerca di un amore che si sta affievolendo. Una maso-prostituta, debole e complessata. Una sessuologa orientale che insegue l’ideale di un orgasmo mai raggiunto. Anche se sempre emulato. E suo marito che combatte contro l’impotenza di non riuscire a darle piacere.
Personaggi moderni, con problematiche e nevrosi attuali. Siamo noi i protagonisti dell’ultimo film di Cameron Mitchell, che torna alla regia dopo il precedente Hedwig. Sono i nostri fantasmi. Quelli più reconditi eppure profondamente vivi e indiscreti, alla ricerca curiosa di qualcosa che possa salvarli dalla banalità e sottrarli dalle depressioni quotidiane. Immersi nella New York di oggi. Di adesso. Storie di sesso e di orgasmi che la macchina da presa va a spiare, sorvolando in velocità architetture fluorescenti e surreali: penetrandole. Cronache di desideri e di fragilità. Di amore e di rapporti che cambiano e superano inaspettati quella soglia sulla quale l’amicizia scivola in qualcosa di più intenso. E incontrollabile. Vicende e gesti resi vivi e dettagliati con l’espediente di voler riprendere tutto. Da vicino: senza censure e ottuse proibizioni. Forse a saziare il voyeurismo dello spettatore, forse a stupire un po’ e guadagnarsi il posto vicino a quei pochissimi film che ancora non si spaventano di mostrare. Tutto. E non siamo abituati.
Shortbus è una introspezione, un desiderio. Ma prima di tutto è un luogo, di incontri e letture, di discussione: dove tutto ciò che è eros e trasgressione può trovare il suo momento di suprema manifestazione. In una collettività denudata da qualsiasi tipo di inibizione e formalismo.
Il doppiaggio italiano difetta in dei tratti e prende una strada tutta sua: si distacca da quei volti. La pecca però è nostra. Al regista non possiamo imputare nulla se non di abusare un po’ della tematica sessuale. È un’avventura rischiosa basare un film interamente sul sesso. Tuttavia Cameron sa come uscirne fuori, e sfuma tutto con un tocco di tenerezza. Trasformando il dramma in una piacevole commedia riflessiva. In suo aiuto una colonna sonora senza troppe presunzioni, in crescendo nei momenti di maggiore pathos.
Shortbus riesce così a non scadere nel volgare e nel riluttante: sa come far scaturire tra le scene una forte componente ironica. E così distrae da quello che mostra. Dilettandoci.
Se Bus in inglese può essere anche un canale sul quale vengono inoltrati dati tra le componenti di un cervello elettronico: ecco forse spiegato l’erotismo. Che nel film diventa un mezzo di comunicazione. E ancora di più di omologazione. In una realtà sociale, la nostra, in cui ciò che è sgradevole agli occhi non ha valore.
Titolo originale: Shortbus
Nazione: U.S.A.
Anno: 2006
Genere: Drammatico
Durata: 102’
Regia: John Cameron Mitchell
Sito ufficiale: www.shortbusthemovie.com
Sito ufficiale: www.shortbus.it
Cast: Raphael Barker, Lindsay Beamish, Justin Bond, Jay Brannan, Paul Dawson, PJ DeBoy, Peter SticklesLee Sook-Yin
Produzione: Process Productions, Q Television
Distribuzione: BIM
Data di uscita: 24 Novembre 2006 (cinema)