Raccontare la trama nei dettagli sarebbe un peccato; non perché ci sia un assassino da tenere nascosto, ma perché la rocambolesca storia di Soul Kitchen è assai più godibile da scoprire nel buio della sala.
Allora, solo qualche ingrediente: Fatih Akin fa sorridere, e poi ridere con il suo ultimo film che ruota intorno al tema della famiglia, ma in senso largo. Una famiglia costituita dai frequentatori del Soul Kitchen, il locale di Zinos, dove quel che si mangia passa dal freezer alla friggitrice. Un magazzino-ristorante, archeologia industriale della fu periferia operaia d’Amburgo, luminoso e délabré e in cui “la musica è il cibo dell’anima”.
A Zinos le cose non stanno andando bene: la sua algida e d’alto bordo fidanzata parte come inviata a Shangai; un’ernia del disco irrompe violenta nella sua vita e gli abituali avventori, da veri “razzisti del palato”, rifiutano le raffinate novità di un nuovo e affilato chef , mentre il fratello Illias, che sta scontando una pena, ha ricevuto un permesso di lavoro che vorrebbe far finta di svolgere in qualità di cameriere. A tutto questo si somma la scoperta che la fidanzata forse non ha più voglia di essere tale; allora Zinos, per volare da lei, è disposto a lasciare il locale al fratello che nel frattempo grazie a un incontro d’amore sembra ritornato affidabile, ma poi tutto si complica.
Con Soul Kitchen, il regista de La sposa turca (Orso d’oro a Berlino ‘04) e di Ai confini del paradiso completa un’ideale trilogia “sull’amore, la morte e il diavolo”; ma questa volta scrive e dirige una commedia esilarante il cui unico rischio potrà essere il doppiaggio.. Una commedia di movimento, ritmo, irresistibili tormenti e tantissima musica: “ … qualcosa che mi ricordasse che la vita non è fatta solo di dolore e introspezione”. Le battute sono sempre ben cucinate, con un pizzico di demenziale, ma senza scadere mai nella volgarità, perché il cuoco è raffinato e il piatto riesce bene. Una ricetta per il piacere: nouvelle cuisine, afrodisiaci e un eccitante potpourri musicale (dal funky all’hard rock, da Hans Albers all’hip-hop) che cadenza le disavventure di Zinos, generoso e maldestro, e della varia umanità che gravita attorno al Soul Kitchen, mentre sullo sfondo, senza insistenza ma con evidenza, è Amburgo, città foresta di gru in cui avanza la speculazione che sottrae territorio alle periferie.
Una comicità che nasce da una buona scrittura, capace di tradurre in opera buffa una storia di rottura e separazione. Rainer Klausmann abbandona la macchina a mano de La sposa turca e, senza rinunciare a una forte dinamica di scena, si ispira ad un gusto più classico del movimento, seguendo, a sua detta, le tracce dello Scorsese di Quei bravi ragazzi.
Un ottimo cast d’attori, tra cui Adam Bousdoukos-Zinos, anche co-sceneggiatore, Birol Unel, l’indimenticabile chef, e poi Moritz Bleibtreau, il reduce della Banda Baader Meinhof, e Anna Bederke, la cameriera Lucia capace di sguardi sensuali anche se spesso appannati dall’alcol. Ultimo, non per importanza, l’indimenticabile Socrates riparatore di barche, Demir Gokgol.
Un grande salto a piè pari, assolutamente riuscito, da La sposa turca a Soul Kitchen: li lega un’indubbia capacità di scrivere e di mettere in scena, e non è poco.
Titolo originale: Soul Kitchen
Nazione: Germania
Anno: 2009
Genere: Commedia
Durata: 99’
Regia: Fatih Akin
Sito ufficiale: www.soulkitchen-ilfilm.it
Cast: Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Ünel, Anna Bederke, Pheline Roggan, Lucas Gregorowicz, Dorka Gryllus, Wotan Wilke Möhring; Demir Gökgöl
Produzione: Corazón International
Distribuzione: Bim distribuzione
Data di uscita: 8 gennaio 2010