“Stupore e tremori” di Amélie Nothomb

Un anno di lavoro di una giovane belga in una multinazionale giapponese

Dopo “Igiene dell’assassino” e migliaia di copie vendute, la scrittrice cosmopolita, che ha fatto dell’assenza totale degli stereotipi, dell’imprevedibilità delle storie raccontate e di uno stile di vita assolutamente fuori dagli schemi i suoi caratteri peculiari, ambienta in Giappone un romanzo che fa del senso di spaesamento il suo ingrediente essenziale.

Autobiografico e surreale, terribile e grottesco, Stupore e tremori, romanzo della coltissima ed eccentrica scrittrice belga, autrice prolifica di best-seller e ormai affermata icona della letteratura internazionale, è costruito attorno all’esperienza lavorativa di una neoassunta all’interno di una multinazionale. Amélie, la giovane protagonista di origine belga, si trova a lavorare in un’azienda giapponese, la Yumimoto, un gigantesco impero che si occupa di import-export tra il paese del Sol Levante e il resto del mondo. Forte di un’ottima conoscenza della lingua e della cultura del Giappone, nonché dotata di acume, intelligenza, disponibilità all’apprendimento e volontà – apparentemente ingredienti per un successo inarrestabile – la giovane occidentale, inizialmente assunta come interprete, viene presto e progressivamente declassata a causa di una serie di errori involontari, di gaffes, di una personalità troppo esuberante ed, infine, del mancato rispetto della rigida organizzazione gerarchica con cui è amministrata la multinazionale.

La retrocessione di Amélie, accompagnata da costanti umiliazioni messe in atto da parte del suo capo, Fubuki, una donna bellissima, glaciale ed implacabile, la porta ad occuparsi di compiti via via più degradanti, insignificanti ed alienanti. Costretta ad aggiornare i calendari, a servire il tè, Amélie giungerà al sommo grado di umiliazione quando le verrà assegnato il ruolo di guardiana delle toilettes: il suo lavoro, assurto in breve a vera e propria vocazione e svolto con scrupolo e devozione, la vedrà occuparsi del ricambio della carta igienica e della pulizia dei servizi. Nonostante una lunga serie di soprusi ed un percorso professionale assimilabile ad una cupa discesa agli inferi, la protagonista matura un atteggiamento che, mai volto alla rassegnazione, fa dell’ubbidienza, della scoperta dell’armonia interiore e persino della meditazione gli elementi essenziali per raggiungere una condizione di superiorità e quasi di ascesi che condurranno lei ed il lettore ad un finale assolutamente imprevedibile.

Al di là dell’apparenza, per cui potrebbe essere superficialmente descritto come uno scontro tra un immenso gigante burocratizzato e una minuscola impiegata occidentale, l’opera della Nothomb, è insieme una riflessione intelligente ed ironica sullo scontro tra due culture – quella occidentale e quella orientale – una messa in ridicolo della gerarchizzazione fine a sé stessa e dell’ossessione per la produttività ed infine una rievocazione sarcastica e beffarda di un’esperienza di lavoro disastrosa.

Una intelligenza eccezionale, un acume molto sviluppato, una capacità di osservare i dettagli combinate ad un’accuratissima ricerca stilistica sono i tratti che caratterizzano la prosa della scrittrice belga, che in Stupore e tremori raggiungono vette altissime. Se si combinano questi ingredienti con la narrazione di un’esperienza autobiografica si assicura al lettore un romanzo decisamente unico.

Amélie Nothomb, Stupore e tremori, Voland, Roma 2001, 9,29 euro.