“Systematic Chaos” dei Dream Theater

Croce e delizia di un genere sempre più eclettico e sfuggente

La più fortunata delle band metal-progressive sforna un altro album destinato a far discutere. La maggior parte dei fans storce il naso, mentre neonate legioni di appassionati si apprestano a tesserne le lodi. I Dream Theater: croce e delizia di un genere sempre più eclettico e sfuggente.

Difficile per me scrivere una recensione come questa: sono anch’io un fan dei DT (di quelli che storcono il naso quando ascoltano questo album, lo dico fin da subito), e considero questa band la vera (ma non unica: i Rush su tutti) progenitrice dell’attuale filone metal-progressive. Dischi come Images and Words, assieme a Scenes from a memory e Awake, hanno rappresentato, e rappresentano tutt’ora, una vera e propria bibbia per le formazioni che hanno coraggiosamente scelto di addentrarsi all’interno di questo nuovo progressive, così interessante e così cangiante. E di questo nuovo filone i DT, meritatamente a mio avviso, hanno guadagnato il premio dei ‘più fortunati’: per essere riusciti ad emergere fino al grande pubblico (o almeno ad una gran parte di esso) e per essere riusciti a superare le rigide soglie di selezione che l’industria commerciale pone ai suoi accoliti: Mtv docet…e la radio la segue a ruota, senza troppe differenze (a parte quelle piccole isolette nell’oceano rappresentate dalle emittenti minori, o dalle semi-sconosciute web-radio).

I Dream Theater, per chi non ha mai avuto il piacere di ascoltarli (ma arrivati a questo punto della recensione dubito fortemente che facciate parte della categoria), realizzano lavori impegnativi, di difficile ascolto e comprensione. Tempi dispari, scale vertiginose, straordinarie combinazioni melodiche; cantati che richiedono una capacità tecnica al di sopra di quelle che la musica pop richiede e a cui questo genere, come si evince piuttosto palesemente, si oppone con forza.
Systematic Chaos è un’album che raccoglie l’eredità del precedente Octavarium, nonché di Train of Thought, terz’ultimo lavoro della band americana.Tutti gli album citati hanno segnato uno strappo all’interno del pubblico dreamtheateriano: Train of Thought venne giudicato troppo metal e poco progressive, ma Endless Sacrifice e In the name of god salvavano il prodotto di Petrucci e soci dal giudizio di un’ascolto troppo frettoloso e troppo ‘conservatore’ (attributo poco adatto all’orecchio progressive). Se Train of Thought venne criticato, il lavoro seguente, Octavarium, venne messo alla gogna: una grande parte dei fan decretò la fine dei Dream Theater, non bastarono i richiami ai Muse.

Ma Octavarium è stato tutt’altro che un fallimento: la lontananza dalla madre progressive e la vicinanza a spunti qualora più rock, qualora più metal, qualora perfino più pop, hanno reso possibile l’accostarsi di una nuova generazione di pubblico, quella che, con Octavarium, ha scoperto una band metal diversa dagli schemi, dove il tripudio tecnico e l’esaltazione dei signoli vince su tutto.

Systematic Choas, l’ultimo prodotto dei DT, rappresenta un passo indietro rispetto ad Octavarium e due rispetto a Train of Thought. La carenza di idee, per un’ascoltatore che li segue fin dagli albori, è piuttosto palese. L’idea di richiamarsi a band storiche (come i Metallica, l’influenza risulta evidente a chiunque) non regge lo scontro con l’esigenza, fondamentale nel progressive, dell’originalità creativa che, in questo disco, obiettivamente e con tutto l’affetto…non c’è.

Il singolo Constant Motion è un cenno ai Metallica pensato male ed eseguito peggio. La seconda traccia, Forsaken, è addirittura irritante per la sua banalità strutturale e melodica: un misto di metal più vicino ai Linkin Park (senza nulla togliere) che ai Dream Theater che hanno saputo regalare alla storia Metropolis part I. Apprezzo The Dark Eternal Night, la ‘Endless sacrifice’ di Systematic Chaos, ma siamo poco oltre i confini del deja vù. E questo non basta.

Repentance rappresenta un altro terrificante errore di percezione della band, un brano di dieci minuti piatto, noioso e scontatissimo…davvero una scelta sbagliata, che probabilmente vede colpevole anche il lavoro di produzione.
In the presence of the enemies (sia iniziale che finale, rispettivamente parte uno e parte due) tira un pò su il morale di quest’album, adatto probabilmente ad un pubblico metal ma davvero poco ad un pubblico progressive ‘viziato’ dalle leccornie che in passato i DT hanno saputo sfornare.
Resta l’indiscutibile capacità tecnica, anche se così poco evidenziata qui, e il nucleo di un lavoro comunque curato. Insomma, c’è la speranza che sappiano farsi perdonare, magari con gesti come quello offerto al recente Gods of Metal dove è stato eseguito, per intero, Images & Words.

“Systematic Chaos” Roadrunner records
2007 (Usa)
1. In the Presence Of Enemies-Part I
2. Forsaken
3. Constant Motion
4. The Dark Eternal Night
5. Repentance
6. Prophets Of War
7. The Ministy Of Lost Souls
8. In the Presence Of Enemies-Part II