Diventare madre della propria stessa madre. Il tema drammaticamente contemporaneo dei figli che si ritrovano ad accudire i propri genitori anziani e non più autosufficienti, toccato con una delicata leggerezza nella commedia di una regista esordiente, Laura Chiossone. Uno spaccato di vita quotidiana e privata che coinvolge lo spettatore stimolando la sua empatia attraverso una storia personale che potrebbe essere comune a tutti.
Gianna è una figlia con una madre anziana e ingombrante della quale deve prendersi cura. È anche un’attrice di teatro che si ritrova a recitare sul palcoscenico lo stesso ruolo che vive nella sua vita reale.
Il gioco del “teatro nel teatro” inaugurato dall’esilarante commedia Rumori Fuori Scena, viene sfruttato intelligentemente in questa opera prima per raccontare una storia quotidiana di dipendenza. Un argomento come quello della relazione tra una madre e sua figlia costringe chi lo voglia raccontare ad affrontare una strada scoscesa perchè la singolarità di un simile rapporto rischia di rendere incomunicabili allo spettatore quei sentimenti forti e vacillanti che sono il vero e proprio fulcro di una simile opera: quell’incrollabile amore materno che scricchiola di fronte a una simile anormale dipendenza e il tentativo disperatamente naturale di nascondere quelle sue crepe profonde aggrappandosi soltanto alla propria morale superiore, quella della famiglia, anche a costo di deteriorare la propria vita.
Laura Chiossone riesce elegantemente a sfuggire a questa incomunicabilità grazie al linguaggio teatrale sul quale costruisce un parallelo comico della vita della protagonista dando a un tema drammatico la splendida leggerezza della commedia. Accanto a questo linguaggio teatrale e a quello della fiction, attraverso cui è messa in scena la quotidianità di madre e figlia, uno stile documentaristico fatto di fotografie accompagnate da ricordi si occupa di immergere emotivamente lo spettatore nella loro relazione sviscerando tutta l’umanità che questa possiede. Ecco allora come il film riesce a riportare tutta la drammaticità di un simile tema insieme con la sua fragilità, la sua delicatezza e la sua ironia.
Un cast di attori teatrali anche loro alla prima esperienza cinematografica sono sostenuti dalla presenza forte ma mai ingombrante di Gianfelice Imparato. Da menzionare resta la splendida prova della protagonista, Gianna Coletti, figlia-madre non solo su questo set, ma nella vita stessa: è sua la vicenda che viene raccontata, liberamente tratta dalla sua vita, riportata sulla pellicola fino al dettaglio più importante, la madre. È lei stessa, Anna Coletti, a interpretare il proprio ruolo, o meglio a viverlo, perchè, cieca e quasi sorda, non si è mai accorta della presenza di una troupe dentro la propria casa, né di alcuna telecamera che la riprendesse, recitando inconsapevolmente, vivendo, il ruolo della madre anziana diventata ormai figlia.
Tra Cinque Minuti In Scena non sembra quindi limitarsi a riprendere la tecnica del “teatro nel teatro”, ma a svilupparla usando le potenzialità linguistiche del cinema per creare un’opera che oltrepassa l’idea stessa del meta-teatro e arriva a sfiorare un’idea più ampia nella quale l’arte doppia e triplica la realtà creando qualcosa che potrebbe essere definita come “meta-vita”.
Titolo originale: Tra cinque minuti in scena
Nazione: Italia
Anno: 2013
Genere: Commedia, Drammatico
Durata: 84′
Regia: Laura ChiossoneCast: Elena Russo Arman, Urska Bradaskja, Gianna Coletti, Luca Di Prospero, Gian Felice Imparato
Produzione: Rosso Film
Distribuzione: Parthenos
Data di uscita: 27 Giugno 2013 (cinema)