Giornata calda. Bisogna prendere delle precauzioni. Miyuki Nishikawa si ripara sotto un’ombrello-origami lanciando sorrisi cortesi ai passanti increduli; la donna che collabora con il sensei ormai da vent’anni, indossa un cappello a tesa lunga di carta colorata mentre le sue damigiane-collaboratrici stanno ultimando la preparazione degli strascichi del suo vestito realizzato interamente con grovigli di pagine giapponesi di promozioni pubblicitarie.
Ma c’è bisogno di altra carta: alcuni volontari tra gli astanti donano i loro quotidiani per completare la mise regale di Miyuki. Alcuni bambini giapponesi avvolti in eleganti kimono giocano con le carte a Hyakunin Ishin; così forse i napoletani si dimenticheranno per un giorno del loro mazzo da gioco tradizionale.
Dietro il basamento della scultura di Dante Alighieri un uomo attempato circondato da una piccola folla di amici e spettatori, dipinge in silenzio e con indescrivibile pazienza ideogrammi direttamente su pannelli di stoffa stesi a terra sui sampietrini ruvidi della piazza. Sarebbe facile credere che quel uomo sia il sensei: lo spazio mobile della performance sembra aver trovato una configurazione stabile, ma Shozo Simamoto non è ancora apparso sulla scena.
Sarebbe ora di cominciare. Ecco allora che l’instancabile maestro sbuca dal patio dell’edificio, attraversa un lungo tubo di stoffa, cordone ombelicale simbolico che lo separa dalla vita, e si offre alla folla e alla furia della piazza. Grandinate di colori lanciate da sfere assemblate con bicchieri di plastica sfiorano il pubblico incredulo e divertito. Una tela bianca enorme (15×15 mt) accoglie la materia pittorica gettata dal settantottenne Shozo Shimamoto sollevato da una gru a quasi 30 metri d’altezza. L’artista giapponese sorvola lo spazio aereo di Piazza Dante, poi di nuovo a terra per controllare la tenuta dell’imbracatura ma anche per impartire agli operatori del braccio meccanico le coordinate della gittata che si abbatte sul supporto; uno schermo on air mostra in diretta i segni febbrili e le deflagrazioni cromatiche dovute all’impatto violento della materia ricondotta al suolo. Anche il pianoforte del compositore Chalemagne Palestine posto al centro dell’arena viene investito dai proiettili di colore che cadono dall’alto, mentre le note virili suonate dal musicista americano naturalizzato belga echeggiano in differita nello spazio performativo nel cortile del Convitto Vittorio Emanuele. Un modo per coniugare il sogno archetipico del volo e l’urgenza del gesto artistico sullo sfondo della luce vespertina che rischiara la piazza.
Un’arma per la pace rientra nel progetto Shimamoto a Napoli promosso dalla Fondazione Morra in tandem con Pari&Dispari Agency. Il progetto che rientra di diritto nell’ambito del maggio dei monumenti di Napoli prevede anche la mostra antologica Shimamoto anni ’50 – ’90 presso la sede della Fondazione Morra, un occasione unica per ricostruire la carriera dell’artista giapponese che ha legato il suo nome alle azioni dello storico collettivo artistico Gutai Bijutsu Kyokai letteralmente“Associazione dell’arte concreta” fondato a Osaka nel lontano1954 da Jiro Yoshihara.
(Foto pubblicata per gentile concessione di Santini – Del Prete, tutti i diritti riservati)
Info mostra: “SHIMAMOTO ANNI ’50 – ’90”
FONDAZIONE MORRA – PALAZZO DELLO SPAGNUOLO
Dal 26 maggio al 26 giugno 2006
Via Dei Vergini 19, Napoli
+39 081454064 (info), +39 081454064 (fax) – fondazmorra@virgilio
orario: dal lun al ven dalle 10 alle 19
Ingresso libero