In quest’estate impazzita, di caldo torrido e acquazzoni turbolenti, tra una partita giocata in campo e l’altra nelle aule di tribunale, le strade senza taxi e le tasche senza soldi, un manipolo di coraggiosi trova ancora modo e voglia per riprendersi un tempo stropicciato e affrettato.
A Macerata, per esempio, ci si ritrova in un cortile. Dove le parole riecheggiano senza strepiti.
Si parte in ritardo sulla tabella di marcia. Per la prima serata di “Poeti della ciminiera”, è concesso uno strappo alla regola: 22:30 invece che 21, tutti incollati allo schermo, in attesa di scoprire con chi ce la vedremo in finale. Anche Neri Marcorè. Marchigiano di nascita, protagonista di questa prima serata di poesia e stelle, deve sentirsi un po’ a casa, qui, a Macerata. Tanto è vero che si mischia tra la folla, per godersi la partita in un bar del centro. Così la poesia aspetta, incalzata dalla vita che, in momenti come questo, non può che prendere il sopravvento.
E mentre l’Italia si riscopre vicina agli amati/odiati cugini d’oltralpe, la folla aumenta, nel cortile del municipio. Ebbene si, strano a dirsi, arrivano davvero più persone del previsto: gli organizzatori, si sa, giocano sempre al ribasso, e le sedie in avanzo giacciono accatastate in un angolo, senza molta speranza di poter servire a qualcosa. Invece, questa sera, serviranno tutte: sarà il nome, forse curiosità, ma la nona edizione di questa rassegna poetica, nata sotto il segno dell’omonima associazione e dell’inventiva dei suoi ideatori, Filippo Davoli e Giovanni Cara, parte sotto i migliori auspici.
Ma parte tardi, troppo tardi. Solo alle undici Marcorè, tenuta estiva e figlioletta al seguito, farà il suo ingresso nel cortile, seguito da flash e sorrisi di benvenuto. Il tema della serata, inusuale ma comune, divertente o triste, a seconda dei momenti, è quello dei figli unici: come Marcorè, come Davoli, presente e presentatore della serata, come tanti, probabilmente, fuori e dentro il cortile, accomunati da quella struggente “nostalgia dei letti a castello”.
Marcorè legge, con passione e semplicità, in maniera pulita e composta allo stesso tempo, senza divisimi, ma con tutta l’autentica timidezza di cui possa esser capace un noto attore come lui: i testi sono di Lucetta Frisa, Gian Ruggero Manzoni, Stefano Simoncelli, Luca Ariano, così come di Jean-Paul Sartre e Franco Loi; di chi, insomma, volente o nolente, si è ritrovato a sperimentare la solitudine di una stanza tutta per sè, il privilegio dei vizi e la tristezza dei doveri, i giochi da non dividere con nessuno e le pene da portare solo, senza appoggi. Le parole scorrono via, veloci: quasi si vorrebbe poterle ascoltare ancora, di nuovo, una seconda volta, e goderle, assaporarle, facendo riscontri tra la propria esperienza, di figli unici, e quella di chi, con frasi azzeccate e lemmi dosati, è riuscito a cogliere un frammento, un immagine, un suono della solitudine casalinga.
Il pubblico ascolta, attento, pronto a stupirsi, e si lascia sfuggire, nei momenti più intensi, un applauso sincero. Parte della serata è dedicata a Guy Goffette ( sarà anche lui figlio unico?), grande poeta belga, atteso a Macerata per la serata di giovedì sette, le cui poesie stupiscono, incuriosiscono, mettono appetito, senza saziare, in attesa del buon cibo dell’anima che dispenserà tra qualche giorno, in prima persona. Una piacevole ora di versi, quella di ieri, in uno spazio raccolto fuori dal tempo, per ritrovare un po’ di quiete in sé stessi, e lasciare che il mondo, là, fuori, da qualche parte, dia ancora i suoi soliti segnali di palese follia: noi, qui dentro, siamo tornati tutti un po’ bambini, chi desideroso, chi invidiato, sotto la guida di Marcorè, che, come un fratello maggiore, ci racconta dolori e gioie di una condizione unica nel suo genere.
Una nota di merito va agli organizzatori della rassegna per la scelta della compartecipazione, quest’anno, dell’ACSIM (Associazione Centro Servizi Immigrati Marche), attraverso la presenza attiva della parte più debole dell’immigrazione, quella dei giovani, principali fautori della serata conclusiva, quella del 21 Luglio: con la scelta e il reperimento dei migliori testi, contribuiranno a far conoscere gli autori della cosiddetta “letteratura emergente”(autori stranieri che, vivendo in Italia da parecchi anni, usano la nostra come lingua poetica), e quelli appartenenti, in larga parte, alla comunità extracomunitaria locale.