L’iniziativa “In Scena 2006”, organizzata dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Padova, giunta oramai alla sua sesta edizione, è stata inaugurata giovedì 21 settembre scorso da un’esibizione di Ute Lemper che ha stregato e rapito per quasi due ore il pubblico.
E’ toccato a un luogo e a un’artista straordinari inaugurare la seconda parte della rassegna “In Scena 2006”, che, dal 27 gennaio di quest’anno propone una serie di appuntamenti culturali di musica, danza, teatro, nei più bei teatri, ville e chiese della provincia di Padova.
Nella cornice raffinatissima di Villa Contarini, a Piazzola sul Brenta, il pubblico ha potuto ascoltare dal vivo l’esibizione di un’artista internazionale che sembra incarnare la quintessenza dell’arte.
Ute Lemper nasce a Münster nel 1963. La sua carriera inizia negli anni Ottanta, con il ruolo di Bombalurina nel musical Cats, poi con quello di protagonista del musical Peter Pan, di Sally Bowles in Cabaret, di Lola in L’Angelo Azzurro. Cantante, attrice, ballerina, oggi Ute Lemper è considerata la massima interprete contemporanea delle opere di Kurt Weill, una delle maggiori interpreti del cabaret berlinese e francese del primo dopoguerra, nonché l’erede di Marlene Dietrich per potenza vocale, espressività, fascino. Il suo repertorio spazia da Kurt Weill a Astor Piazzolla, da Edith Piaf a Tom Waits.
Lo spettacolo che ha proposto giovedì sera al pubblico di Villa Contarini, accompagnata al pianoforte, basso, chitarra e batteria dalla sua band newyorchese, si chiama Voyage. Nel suo affascinante linguaggio, mescolanza fluida e naturale di inglese, francese, tedesco e italiano, Ute Lemper ha presentato anzitutto lo spettacolo nel suo insieme: “The Voyage may take place everywhere […], sometimes among masses of people, sometimes in a small room, full of loneliness… and of poetry…”. E spiega che il suo viaggio è iniziato negli anni Ottanta, attraverso una serie di tappe, di ognuna delle quali propone un brano, anticipato da una presentazione.
La prima, metaforica tappa è Edith Piaf, della quale Ute Lemper racconta la vita in italiano, leggendo da un foglio e scusandosi quasi di doversi affidare ad esso. E la cantante legge con voce carezzevole ed espressiva il testo, con una correttezza di pronuncia che fa capire come, con professionalità, abbia ripassato più volte le parole per non sbagliare, per venire incontro a “those of you who don’t speak English”. La gentilezza, l’umanità e la professionalità di questa artista non tolgono nulla alla sua regalità, anzi ne aumentano la fascinazione.
Dopo Edith Piaf l’omaggio a Marlene Dietrich è imprescindibile, e Ute Lemper canta “Lili Marlene”. Anche in questo caso le parole di presentazione, sempre nella singolare mescolanza di lingue, sono toccanti: “Nel 1942, durante la seconda guerra mondiale, ci fu una trasmissione radiofonica di una canzone tedesca molto vecchia, del primo dopoguerra. E i soldati che la ascoltarono, italiani, tedeschi, francesi, polacchi, ebbero tutti gli stessi sentimenti, per due minuti”.
Il Voyage è continuato attraverso brani di Kurt Weill tratti dall’Opera da Ttre Soldi di Bertolt Brecht, del quale offre una presentazione ancora una volta in italiano; “Estate” di Bruno Martino (1925-2000); brani in Yiddish appartenenti alla musica folk dell’Europa dell’Est; pezzi scritti dalla stessa Ute Lemper, e infine, per l’ultima tappa del viaggio, a Gerusalemme, un brano folk arabo cantato con l’accompagnamento della sola chitarra classica. Il bis concesso è stato “Mackie Messer”, introdotto e concluso ironicamente dal suo fischiettare, al quale ha invitato gli spettatori a unirsi.
Impossibile descrivere l’incantesimo in cui Ute Lemper ha avvinto il pubblico per quasi due ore, gli applausi interminabili dopo ogni brano, la vibrante energia con cui l’artista tedesca ha catalizzato l’attenzione degli spettatori, l’interesse con cui centinaia di occhi hanno seguito ogni suo singolo movimento sul palco.
Forse vale la pena spendere una parola sul talento, ormai indistinguibile dal genio vero e proprio. Si è detto di Ute Lemper che quando lei canta tutto scompare, tutto ciò che è fuori dall’incanto della sua voce. Forse l’artista tedesca compie anche un altro miracolo, con la sua voce. Quando lei canta scompare la stessa Ute Lemper. Scompare come donna nella sua carnalità, per diventare fascino e seduzione allo stato puro. Scompare come donna nella sua spiritualità, per diventare divinità allo stato puro. Ute Lemper compie il miracolo di sanare la frattura tra donna da desiderare e donna da idealizzare, frattura nella quale si incanalano moltissime donne artiste della società occidentale. Ute Lemper non è lo strumento attraverso il quale l’arte si manifesta, ma è l’arte che si incarna e spiritualizza insieme nelle fattezze di questa donna forte e gentile.