Un amore che muore, annegato nella violenza e nella gelosia: Emma ha la vita imprigionata dalla necessità di fuggire da Antonio, dalla sua coniugale violenza, mentre lui è ossessionato dalla perdita di lei, orfano della dimensione perfetta sottointesa al concetto di famiglia.
Roma: nella notte una telefonata segnala urla e spari provenienti da un appartamento. I carabinieri sopraggiungono, sono davanti alla porta. Un flashback di ventiquattro ore riporta indietro, alla giornata passata. Una giornata come tante. Un breve tempo per raccontare le storie intrecciate di un gruppo di personaggi: Emma che perde il lavoro e Antonio che vede Emma per l’ultima volta, il settimo compleanno di Camilla, il comizio di Elio, la bomba fatta scoppiare da Zero, Kevin e il suo primo piccolo smoking e il primo pearcing di Valentina, Maja che scopre di essere incinta e l’anniversario d’amore di Sasha.
Un romanzo corale, una tragedia contemporanea non priva di ironia che si sviluppa attraverso i piccoli accadimenti di un giorno come tanti e che si tinge di nero man mano che arriva a conclusione.
Una spietata dissezione della famiglia e della violenza che si produce al suo interno: dalla periferia al centro della città, nell’opulenza così come nella precarietà economica; e la profonda solitudine che avvolge tutti, indistintamente.
Melania Mazzucco, con Un giorno perfetto abbandona i territori del passato dei suoi romanzi precedenti (dall’esordio con Il bacio della Medusa al biografico Lei così tanto amata sino al più conosciuto Vita) per raccontare la contemporaneità.
Autrice di nicchia, dalla scrittura colta, a tratti anche un po’ troppo ricercata, in Un giorno perfetto, sceglie un linguaggio diverso, molto cangiante perché ogni personaggio ha le sue parole e soprattutto i suoi pensieri.
Nella normalità di un giorno come tanti, nell’indifferenza di una metropoli brulicante, si consuma una tragedia dal sapore antico e al tempo stesso contemporaneo. E a conclusione, l’unico spiraglio che concede l’autrice è reso metaforicamente dalla speranza di salvare una vita.
Ferzan Ozpetek, nei suoi film, tutti dal sapore corale, ha sempre cucito storie per personaggi da amare, nonostante le loro miserie, lasciando sempre uno spazio per un po’ di compassione.
Questa necessità, nonostante il testo da cui è tratto, l’ha mantenuta anche nella trasposizione cinematografica di Un giorno perfetto, suo primo film a soggetto non originale, e con Sandro Petraglia ha apportato alcune modifiche ai personaggi, lasciando così com’è, con la sua forza originale, solo Emma (Isabella Ferrari).
Ha ridimensionato la violenza verbale e fisica di Antonio (Valerio Mastrandrea) e il suo macismo frustrato, ha reso la madre di Emma (Stefania Sandrelli) una fragile spalla, limitata ma amorosa, ben lontana dall’arida Olimpia del libro; ha trasformato Sasha, il professore gay di Valentina, in Mara (Monica Guerritore) creando un’occasione per raccontare la complicità e la capacità delle donne di rispecchiarsi l’una nell’altra e infine ha aggiunto un anonimo personaggio (Angela Finocchiaro) che attraversa in alcuni momenti la storia per poi ricomparire con un ruolo breve ma importante nell’epilogo.
Facendo questo ha tolto forza e originalità alle storie e addomesticando troppo i personaggi li ha appiattiti.
Un giorno perfetto è un film che non riesce a raggiungere le vette, che non arriva al cuore come vorrebbe, discontinuo. Si alternano scene efficaci, come il dialogo tra la vicina e il carabiniere dell’inizio o un’agghiacciante morte risolta in fuoricampo, a momenti meno felici in cui la sensazione è che il libro della Mazzucco sia rimasto presente come una zavorra, inducendo alla scelta di una decodificazione un po’ didascalica di una complessità altrimenti difficile da rappresentare.
Il cast ricco e di buon livello, con l’aggiunta di cammei quali Milena Vukotic e l’immancabile Serra Yilmaz, non basta. Suscita anche forte perplessità l’interpretazione di Nicole Grimaudo, assolutamente poco credibile e poco interessante nella parte di Maja, la giovane moglie del deputato.
In Un mondo perfetto la tendenza a spiegare tutto, a sviscerare buona parte dei pensieri contenuti nel libro, è stata per Ozpetek una buccia di banana che l’ha portato addirittura a non accorgersi che il finale, la Mazzucco, l’aveva già scritto come per un film: con un emozionante montaggio sincopato di voci, lampi di luce e movimento.
Raramente un film riesce meglio del libro da cui è tratto, lo sforzo di traduzione di una storia per immagini non sempre dà esito felice, ma in questo caso la sensazione è che Un mondo perfetto di Ferzan Ozpetek sia rimasto intrappolato nell’omonimo libro di Melania Mazzucco.
Nella foto Ferzan Ozpetek alla 65. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
Foto a cura di Romina Greggio Copyright © NonSoloCinema.com – Romina Greggio