Vangelo secondo Matteo alla Biennale Danza

27 quadri coreografici con un gruppo di 15 danzatori trentini

Sulla scia di Pasolini anche il Direttore del nono Festival Internazionale Danza Contemporanea in Venezia, Virgilio Sieni, ha voluto attingere dal Vangelo secondo Matteo – tramite 27 quadri coreografici – l’afflato mistico traducendolo nella gestualità corporale e nelle espressioni visive degli interpreti. La fragilità dei corpi così diversi dialogano con il testo sacro per immagini, il più comune strumento di diffusione delle parabole di Cristo. E’ una visione corale dell’esperienza religiosa. Attraverso il corpo di Cristo, che nel Vangelo assume un ruolo centrale, i protagonisti traducono nella loro gestualità, fisica e nelle espressioni visive degli interpreti.

La novità di questa performance, oltre all’originalità del testo e dell’esecuzione, consiste nel fare abitare il suo Vangelo secondo Matteo da gente comune e danzatori coinvolgendo gruppi e comunità, dal Trentino alla Puglia, 200 persone in tutto, in una esperienza collettiva per la scoperta del gesto e della sua interiorizzazione attraverso le pieghe dei volti stanchi o splendidamente giovani degli interpreti, o in quelli ieratici degli anziani e ancor più in quelli dei non vedenti.

Dal Trentino un gruppo di uomini e donne di Rovereto e d’intorni, giovani e meno giovani, si incontrano per dare vita allo smarrimento dei discepoli nell’Ultima Cena, mentre un uomo e una donna ricordano le inquietudini dissolte di Giuseppe dopo l’annuncio dell’Angelo.
Abbiamo commentato la performance scambiandoci impressioni e commenti con due dei partecipanti al “Quadro dell’ Ultima Cena”, i coniugi Patrizia Pucci e Roberto Dell’Uomo, responsabile in un ufficio pubblico cittadino, lei, medico del lavoro ,lui. Da trent’anni cittadini di Rovereto. Frequentano la scuola di Franca Zagatta, una pedagogista della danza che gestisce laboratori rispecchianti la gestualità della vita quotidiana con la prospettiva della danza per non danzatori.

Come siete giunti a questa performance sul prestigioso palcoscenico della Biennale? L’impatto è stato problematico, l’ambiente accogliente, conforme alla vostra aspettativa?.

Il Direttore della Biennale Danza di Venezia Virgilio Sieni, – rispondono – cercava situazioni in cui fosse consolidata la disponibilità di non danzatori di mettersi in gioco nell’esperienza della danza della vita quotidiana. Da una cinquantina di persone che si sono presentate ne ha scelto 15: 13 quelle che avrebbero formato il Quadro dell’Ultima Cena e due per quello dell’Annunciazione: Grazia Casetti e Vincenzo Barba.
Per noi è stata un’occasione enorme: la possibilità di entrare in una dimensione altra. Il passaggio dalla scuola locale a quella del grande coreografo Sieni è stato un confronto unico con il vero professionismo. Un incontro in un terreno di grande privilegio. Anche per Sieni è stato ed è un esperimento nuovo con i non professionisti. Nel danzare sotto la sua guida abbiamo scoperto il nostro corpo, il suo linguaggio e i suoi limiti. Questa esperienza ci permette di indagare su noi stessi e all’incontro con nuovi problemi esistenziali e religiosi.

Scorgiamo nel Quadro dell’Ultima Cena un insieme di corpi che si attraggono e respingono cercando il loro equilibrio. C’è una sacralità del gesto. L’intenzionalità delle varie drammatiche posture è la chiave di volta del lavoro. Come siete pervenuti a tale perfezione?

Noi proviamo dal mese di marzo con prove continue. Abbiamo la fortuna di conoscerci da tempo e sotto la guida di un maestro dalla estrema duttilità didattica. Ci ha resi affiatati , con l’entusiasmo alle stelle.

Ci saranno altre occasioni in cui ripeterete questa vostra esperienza?

Ripeteremo i due Quadri all’interno del cartellone della prossima “Rassegna Internazionale di Teatro Danza Oriente e Occidente “ che si terrà a Rovereto. Noi due inoltre ci esibiremo assieme alla maestra Franca Zagatta in una performance dal tema metafisica: ”Dell’Inizio”. Un titolo che richiama un’opera del filosofo veneziano Massimo Cacciari.