Weta: i creatori di sogni parlano anche italiano

NonSoloCinema incontra Marco Revelant, Luca Fascione e Andrea Merlo durante la lavorazione di "Avatar" di James Cameron

Nei titoli di coda di “Avatar” di James Cameron, uscita prevista in Italia il 18 dicembre 2009, ci saranno anche questi tre nomi: Marco Revelant, Luca Fascione e Andrea Merlo. Tre italiani che agli antipodi dell’Italia, a Wellington, in Nuova Zelanda, fanno parte dell’esercito di tecnologici-creativi che alla Weta Digital sta lavorando agli attesi effetti speciali dell’ultima fatica del regista canadese, realizzato con tecnologia digitale 3D. NonSoloCinema li ha incontrati in uno dei rari attimi di pausa del loro lavoro.

Più che un film, un’esperienza, secondo i gossip che si susseguono in rete. È Avatar, di James Cameron, uno dei più attesi film in arrivo nel 2009. Girato con tecnologia 3D, con effetti speciali, creature e ambienti digitali realizzati da Weta Digital, la casa di produzione neozelandese che annovera tra i suoi fondatori il regista Peter Jackson, Avatar viene da più fonti indicato come l’ultima frontiera della tecnologia applicata al cinema. Insomma: se si vedrà qualche incredibile creatura interagire con i protagonisti Sigourney Weaver o Sam Worthington, il merito sarà soprattutto del duro lavoro “dietro le quinte” che si svolge nel quartier generale di Miramar a Wellington.

Nell’atrio classicheggiante della Park Road Post Production, il più grande studio di post produzione dell’emisfero Sud del mondo, uno degli edifici che compongono il quartier generale Weta, Marco Revelant, Luca Fascione e Andrea Merlo ci accolgono durante la loro pausa pranzo per raccontare a NonSoloCinema che cosa significa far parte di una squadra su cui sono puntati gli occhi del mondo cinematografico e non solo.

Marco Revelant, da sei anni alla Weta, dove è arrivato per il terzo capitolo del Signore degli Anelli e si è “fermato anche per I, Robot e King Kong”, è model supervisor e da due anni coordina il lavoro di una cinquantina di persone che si occupano di modellazione e di collegamento con la preproduzione: “Lavorando nella fase di previsualizzazione seguo l’evoluzione del progetto fin dalle prime battute. Come model supervisor il mio compito è di seguire lo sviluppo funzionale di creature e ambienti fino a vedere lo shot finito”. Andrea Merlo invece è arrivato qui alla fine del 2000, “per lavorare al primo capitolo de Il Signore degli Anelli, quando Weta era conosciuta soprattutto tra gli addetti ai lavori”. Andrea è supervisone alla simulazione delle creature, traduzione per i non addetti ai lavori: modellazione di abiti, pelle e soprattutto capelli. Il che significa che: “I modellatori modellano, la motion capture anima e noi facciamo in modo che la pelle sembri vera, i vestiti ondeggino in modo realistico e i capelli si muovano nel modo corretto”.
Luca Fascione, Senior Software Engineer, dal 2004 in Weta, mette a frutto la sua formazione matematica scrivendo “strumenti per i rendering, cioè l’ultima fase dopo la modellazione e l’animazione, coloro che intervengono prima della consegna effettiva della pellicola”.

NSC: Di Avatar si sa poco o nulla: che l’uscita è prevista per fine anno, che forse parlerà di alieni o di mondi sconosciuti… Potete anticipare qualcosa?

Che ci stiamo lavorando… ma poi le anticipazioni rovinano la sorpresa del pubblico. Il film sarà una scoperta da gustare a dicembre.

NSC: Potete dirci almeno che cosa succederà dopo Avatar?

Dopo il film di Cameron, si parte con Le avventure di TinTin di Steven Spielberg.

NSC: Spiegato a un bambino: in che cosa si differenzia, dal punto di vista tecnico, il vostro lavoro da chi fa cartoni animati?

Luca Fascione: Il risultato è diverso, ma nella sostanza le tecnologie usate sono simili e il lavoro che si fa è lo stesso. Nei film ci si concentra su un realismo “fotorealistico” perché si deve, per esempio, mettere un attore a fianco di un dinosauro.

Andrea Merlo: La differenza più grande è che chi fa cartoni animati deve sforzarsi di dare a personaggi ambienti un aspetto “cartoon”, mentre nessuno deve vedere che siamo intervenuti sullo shot. Il nostro obiettivo è proprio quello di NON far sapere che ci abbiamo lavorato.

NSC: Peter Jackson, James Cameron, Steven Spielberg… che cosa significa lavorare accanto a registi di questo calibro?

Luca Fascione e Marco Revelant: Noi siamo stati sul set con Spielberg e Cameron, dove è ovvio che ci siano dei filtri, non è che ti puoi alzare a andar lì a parlargli… però c’è uno sforzo conscio per mantenere uno stile semplice e una comunicazione lineare in tutte le fasi della lavorazione. In questo la posizione che si assume all’interno di Weta rispecchia l’esperienza e il valore, e chiunque può parlare ed esprimersi. Qui contano obiettivi e risultati.

NSC: Qual è l’aspetto che più vi piace del vostro lavoro? Vi affezionate alle vostre creature?

Marco: All’inizio lavoravo soprattutto sulla macchina: dovevo fare il modello, renderlo quanto più realistico e funzionale possibile mentre oggi lavoro più sul controllo e ho aspettative diverse. Quando lavori a un film per uno o più anni diventa parte della tua vita quotidiana e, indipendentemente da chi sia il regista, ci si affeziona al progetto. Anche se io per esempio con King Kong ho avuto un rapporto di odio-amore: l’ho pettinato e spettinato per più di un anno, alla fine non ne potevo più.

Andrea: Nel nostro lavoro ci sono sempre cose nuove da imparare, non ci si ferma e non ci si annoia mai, è una continua evoluzione e c’è sempre un goal per raggiungere sempre maggiore realismo.

Luca: Mentre Andrea e Marco fanno le cose che vanno sul schermo, io sono un po’ come chi lavora alle infrastrutture. Non c’è una parte che è solo mia, ma c’è la soddisfazione personale di vedere il risultato nel compositing e nel rendering che funzionano sullo schermo.

NSC: Domanda di rito: cosa consigliate a chi voglia lavorare in questo campo?

Marco: Testa bassa e pedalare. Oggi c’è molta più competizione, ci sono le scuole, c’è la tecnologia, ma prima di decidere di fare questo lavoro occorre essere realisti, tenere i piedi ben piantati in terra.

Andrea: Avere pazienza e studiare, senza dimenticare che saper usare i programmi non significa saper fare. Ci vuole un po’ di più, compresa una buona dose di tenacia e di sacrificio, ma ne vale la pena.

Luca: Darsi parecchio da fare. Con la maggiore disponibilità dei computer, la competizione si è allargata, ma si è anche ristretta la competenza di base che qualche anno fa era molto più profonda. Ai tempi di Toy Story, per esempio, la computer grafica era già abbastanza avanzata, molti erano laureati in materie scientifiche e poi proprio la Pixar ha voluto coniugare la formazione scientifica con la formazione artistica.

Due parole sul mondo WETA

Il nome della casa di produzione di Wellington deriva dal termine Maori che indica alcune specie di grandi cavallette che si trovano esclusivamente in Nuova Zelanda. Fondata come RT Effects nel 1987 da Richard Taylor e Tania Rodger, nel 1994, con l’arrivo di Peter Jackson e Jamie Selkirk, acquista l’attuale denominazione di Weta, diventando il motore di una vera e propria “comunità” che comprende, oltre a Weta Workshop (modelli ed effetti di make up), anche Weta Digital (effetti speciali digitali), Park Road Post Production (post produzione) e Stone Street Studios. Con cinque premi Oscar, Weta attualmente occupa centinaia di persone che lavorano tra progetti cinematografici e televisivi nonché per la realizzazione di filmati commerciali e nel campo dell’arte. Weta ha anche partecipato attivamente alla creazione della Dislexia Discovery Exhibit a Christchurch (Nuova Zelanda) un percorso unico al mondo per far conoscere al grande pubblico le caratteristiche della dislessia. Nel 2008 è stato inaugurato il mini-museo Weta Cave, dove è possibile anche assistere ad un interessante video che in 15 minuti ripercorre la storia e l’evoluzione della Weta dalla fondazione ai giorni nostri.

Foto a cura di Ada Guglielmino Copyright © NonSoloCinema.com – Ada Guglielmino