E’ il terzo disco degli Shins, il gruppo americano che è riuscito a far coincidere indipendenza e vendite senza perdere nulla in qualità, ha fatto da colonna sonora a“Garden State” e ad una pubblicità di Mc Donald’s, ed ha messo d’accordo pubblico e critica: scusate se è poco.
Quello degli Shins è stato un successo moltiplicato dalla celebre “New slang”, deliziosa canzone suonata e citata in un momento emotivamente chiave dell’altrettanto delizioso film “Garden State” (con Natalie Portman, tralaltro di una bellevolezza stucchevole); era il 2001 e “oh, inverted world” era il loro notevole esordio discografico.
Un successo comunque meritato da questa indie-band americana – che qualcuno ha criticato per aver prestato la stessa famigerata “New slang” ad una pubblicità Mc Donald’s; indipendenti sì, ma in quanto a marketing non sono secondi a nessuno – che ha come etichetta la Sub-Pop (ovvero, potete pure leggere “il Grunge”), perché si è saputa confermare laddove la critica l’aspettava, al varco dell’album successivo (Chutes too narrow, 2003), chiaramente attestatosi al livello (se non un gradino sopra) dell’esordio.
Da anni ormai assurti a simboli della scena indie USA e con un séguito internazionale, sembrano ispirarsi principalmente, come direbbe un mio vecchio coinquilino, a “quel gruppone degli Smiths” (Phantom Limb e Sea Legs, su tutte le canzoni di questo album, li richiamano anche alle memorie più traballanti). Direttamente dall’Inghilterra degli anni ’80 quindi; ma non badateci troppo, perché d’altra parte, pur evitando nettamente il blend contrastante – per dire, alla Beck – in realtà il piglio è quello giustamente postmoderno, per cui tutto suona attuale nella sua pluralità di riferimenti, ma senza un effetto collage, in favore di una piacevolezza d’ascolto più lineare, che aumenta esponenzialmente ogni volta che si decide di far girare ancora il disco nel lettore.
“Wincing the night away” parte in sordina e cresce progressivamente nel corso del primo brano calamitando subito una sensazione di piacere; e poi si svolge infilando tante belle melodie, mid-tempi e ottimi spunti che cominciano e finiscono al momento giusto; poi, ancora: stop and go, coretti e brevi riff calibratissimi nel suono e nell’intenzione, che sfoggiano gran gusto per la misura negli arrangiamenti.
Un ottimo disco per l’easy listening: fila via che è un piacere, le note s’insinuano fluide e poi vagano in testa producendo la felicità dell’ascoltatore, inevitabilmente appagato da tanta armonia e leggerezza.
Brani:
1. Sleeping Lessons
2. Australia
3. Pam Berry
4. Phantom Limb
5. Sea Legs
6. Red Rabbits
7. Turn On Me
8. Black Wave
9. Spilt Needles
10. Girl Sailor
11. A Comet Appears