Dopo aver esordito nel lungometraggio a Cannes con Villegas (2012), l’argentino Gonzalo Tobal approda in Concorso a Venezia con Acusada, film d’aula e dramma familiare insieme che descrive con inquietante verisimiglianza come l’opinione pubblica – e di riflesso spesso le istituzioni – possano essere manipolate dai media.

Guarda le foto del cast di Acusada a Venezia 75.

Da due anni e mezzo DoloresMariana Espósito – si trova al centro di una burrascosa vicenda giudiziaria che la vede unica imputata per l’omicidio dell’amica Camilla. Nonostante il supporto dei genitori LuisLeonardo Sbaraglia – e BetinaInés Estévez – e l’ottimo avvocatoDaniel Fanego – che la difende, il protrarsi del processo e degli annessi attacchi della stampa l’hanno trasformata in una persona in cui non si riconosce più. Incapace di ricordare cosa accadde quella fatidica notte di festa, la liceale sarà costretta a combattere il fuoco col fuoco nei salotti televisivi, nella speranza di una rapida sentenza.

Acusada

Spremendo il meglio dal comparto attoriale – da segnalare la prova di Sbaraglia nei panni del padre di famiglia – di cui dispone, Tobal rimette in scena il circo mediatico che si crea attorno alle vicende di cronaca nera. Per farlo, adotta un approccio diametralmente opposto a quello utilizzato nel mondo dell’informazione: il delitto non viene mostrato e ricorre solamente in forma di brevi flashback all’inizio e alla fine della pellicola, negando allo spettatore una posizione privilegiata sia sull’atto cruento sia sui dettagli – movente, arma del delitto, ordine degli eventi – processualmente rilevanti. Omologati alla protagonista per grado di consapevolezza, non si riesce però a prenderne le parti in quanto permane costante il dubbio, rinforzato dalla colonna sonora “ingannevole”, della sua colpevolezza.

Acusada non trae il suo fascino dall’accuratezza giuridica della ricostruzione, quanto dalle scene di vita quotidiana tra le mura domestiche. Segregata per tema dei paparazzi, è proprio in casa che Dolores può vivere senza preoccuparsi della propria immagine pubblica: qui trova l’affetto di un ragazzo presentatole da un’amica, scopre di essere stata ammessa all’università e recupera il rapporto col fratellino. E quando la casa viene profanata da un mandato di perquisizione, la sua psiche crolla e l’amore dei suoi cari è messo in discussione. Data la prevalenza di sequenze in interni, la fotografia riveste un ruolo di primo piano nel dar voce allo spazio inespressivo dell’abitazione, ricorrendo a un colorismo che si richiama ora al polar, ora alla commedia sentimentale. Al di fuori di questo palcoscenico intimista si colloca il vero palcoscenico, quello dei dibattiti TV e delle interviste dei tabloid: ognuno deve letteralmente recitare la sua parte – Dolores la impara a memoria con i legali prima di andare in onda – per dare al pubblico quello che vuole: è l’arena gladiatoria del terzo millennio, in cui la sete di sangue del popolo si placa dinanzi alla crocifissione mediatica.

Acusada

Tobal stigmatizza senza sbavature una delle grandi contraddizioni dei Paesi del primo mondo, in cui la saturazione di informazioni non può che portare alla contraffazione delle stesse. La potenza evocativa del caso di Dolores deriva anche dalla scelta dell’interprete: meglio nota come Lali Espósito, è una delle cantanti e attrici più amate dell’America Latina, con all’attivo due album e diversi sceneggiati televisivi. Prendendo un prodotto umano dello stesso sistema che egli sta condannando, l’autore lo risitua in un contesto quanto mai scomodo per una celebrità. Si istruisce così un conflitto tra l’immagine precedentemente negoziata di Lali la popstar e l’immagine in fieri di Dolores la presunta assassina. Acusada è un film che vive di questa tensione e può essere vissuto in maniera completamente differente a seconda dell’immagine prevalente nella mente dello spettatore, il quale è complice, a vario titolo, del medesimo sistema.

Più che Dolores, l’acusado è infatti chi guarda: proprio come la fantomatica “opinione pubblica” che tormenta l’imputata, pretende di conoscere ed emettere giudizi pur essendo – nel caso della sala cinematografica, fisicamente – estraneo alla vicenda, rassicurato dall’appartenenza a un gruppo in cui la sua individualità è inindividuabile. Con una narrazione trascinante e una caratterizzazione umanissima, Tobal chiude il cerchio negli ultimi minuti e riesce in un compito a prima vista impossibile: mettere sotto accusa gli intoccabili, noi.