Alvise Mainardi
“Lubo” di Giorgio Diritti
Il late bloomer del cinema italiano Giorgio Diritti presenta in concorso a Venezia il suo film più ambizioso e spendibile in ambito internazionale, senza riuscire però a invertire la rotta rispetto alla recente involuzione che lo ha visto allontanarsi dagli ottimi ma ormai sempre più lontani Il vento fa il suo giro e L'uomo che verrà.
“Io capitano” di Matteo Garrone
Garrone fa da contrappunto poetico al Green border di Agnieszka Holland (presentato il concorso a Venezia il giorno prima), e offre un saggio esaustivo di come si porta in scena l'avventura della migrazione, tra epica e un q.b. di realismo magico.
“Hit man” di Richard Linklater
Linklater accantona la bellissima parentesi aperta e subito chiusa con Apollo 10½ e ritorna alla commedia, firmando la quarta regia comica in sette anni e un altro film senza troppe pretese che però fa ridere di gusto.
“La bête” di Bertrand Bonello
Bertrand Bonello presenta in concorso la sua personalissima versione di Eternal sunshine of the spotless mind, una girandola di incastri innescata da un pretesto cyberpunk che cerca di tratteggiare una meditazione trasversale sulle difficoltà di amare nell'attuale paesaggio culturale.
“Die Theorie von Allem” di Timm Kröger
Secondo film di Timm Kröger dopo Zerrumpelt Herz, Die Theorie von Allem rappresenta l'ideale prosecuzione di quanto l'esordio del regista tedesco aveva fatto intravedere. Kröger insiste con il discorso filmico fatto di citazioni e riferimenti impostando una riflessione ambiziosa che abbraccia una concettualità purtroppo esageratamente vasta per non risultare a tratti disordinata.
“Finalmente l’alba” di Saverio Costanzo
Quasi dieci anni separano l'ottimo Hungry hearts da Finalmente l'alba, dieci anni in cui Saverio Costanzo si è preso una lunga pausa dal cinema per lavorare in tv, prima a In treatment con Castellitto e poi all'adattamento per il piccolo schermo de L'amica geniale. E gli effetti si vedono.
“Bastarden” di Nikolaj Arcel
Nikolaj Arcel realizza quello che a oggi è il suo film più personale ma non probabilmente il più riuscito, in una veste che, a ogni modo, non pare certo definitiva, trovando comunque il modo di far trasparire le attitudini consolidate.
“Pearl” di Ti West
Tra pochi registi di horror di cassetta a riuscire a sviluppare col tempo una poetica degna di nome, Ti West ritorna sulla tracce della sua più recente e migliore creazione per regalare all'antagonista Pearl un passato e un'anima, in perfetta continuità e coerenza con il capitolo precedente.
“Chiara” di Susanna Nicchiarelli
Susanna Nicchiarelli continua la sua esplorazione a ritroso nel tempo di figure femminili dal sottovalutato peso politico: nel caso presente torniamo all'Assisi di San Francesco (solo che ci siamo dimenticati il peso politico).
“Les miens” di Roschdy Zem
Dopo il discreto Mister Chocolat, Roschdy Zem presenta a Venezia la versione estesa di una vecchia puntata di Dr. House di cui il concorso ufficiale poteva tranquillamente fare a meno.