«Chi oggi non si aggiorna su quello che accade in rete è un ignorante.», «Allora se è così, beata ignoranza!»

Ernesto (Marco Giallini) e Filippo (Alessandro Gassman), amici d’infanzia, dopo anni si ritrovano in sala professori, colleghi. Cattocomunista, disconnesso, amante dei classici, Ernesto; piacione, iperconnesso, complice con gli studenti, Filippo. Aggalla presto che in passato hanno amato la stessa donna e che Nina è diversamente figlia di entrambi. Sensi di colpa e vario amor paterno li porta a mettere in scena i loro conflitti nell’esperimento-documentario ideato da Nina per sondare se si viva meglio costantemente disconnessi o costantemente collegati; per incarnare i pro e i contro, i due prof devono scambiarsi le parti: connesso per la prima volta Ernesto e totalmente disconnesso Filippo.

Tutte questioni attuali: la rete, l’iperconnessione, le relazioni virtuali. Un tema già esplorato in Perfetti Sconosciuti, ma se nel film di Genovese c’era un’autenticità nella drammatizzazione tutta in unità spazio-temporale, qui lo spunto narrativo è artificioso e troppo stratificato con al centro la trasformazione delle relazioni da vis à vis a virtuali e la sottile linea di confine tra ciò che è privato e ciò che può essere pubblico e pubblicabile; ma anche i modi d’insegnare, il rapporto con gli studenti e i contenuti del passato travolti dalle pratiche del presente in rete. Ernesto recita A Zacinto, senza appassionare, e Filippo appassiona insegnando a utilizzare un’app capace di risolvere le equazioni che lui stesso non sa risolvere. Facile la contrapposizione tra Nokia ’95 e Baudelaire e la connessione continua e i selfie; qualche lampo critico sulla scuola oggi, con l’immissione a ruolo di un docente che non sa insegnare o la critica nei confronti dell’eccessivo controllo del registro elettronico che impedisce “la trasgressione fondativa”, ma è davvero poco.

Una commedia un po’ sentimentale con qualche situazione ben costruita (non male la parentesi della signora Zaccarelli) e qualche costrizione di troppo per la strana coppia Giallini-Gassman, così stretta nel gioco delle parti e lontana dall’aura da antieroi trovata in Rocco Schiavone e I Bastardi di Pizzofalcone. Un pastiche di domande, luoghi, coltivazioni e comparse; di denuncia e intrattenimento, di battute e di stereotipi, in cui le donne sono sessualmente libere e i figli risultano sempre incidentalmente dell’altro… chissà perché?