Beethoven di quarta e sesta

L’Orchestra di Padova e del Veneto al secondo appuntamento del Ludwig Van Festival

Benché il lancio del Ludwig Van Festival si stia allineando alla parabola evolutiva prospettata dai migliori pronostici organizzativi, l’intensificazione di una serie di eventi nel secondo appuntamento dedicato all’esecuzione integrale delle Sinfonie di Beethoven ha profuso un certo conforto. Un’inaspettata affluenza di pubblico, almeno nei termini in cui si è presentata, ha infatti costretto gli organizzatori ad annunciare con molto anticipo il sold out, non potendo accogliere le decine di volenterosi ascoltatori accorsi incuriositi. A questo sorprendente aumento di interesse, va sottolineata, come risposta dal palcoscenico, una maggiore consapevolezza delle caratteristiche specifiche dello spazio adibito al concerto, il Teatro giardino di Palazzo Zuckermann, che non ha interferito sulla delicata rete di connessioni instaurata tra gli elementi dell’Orchestra di Padova e del Veneto, garantendo un potenziamento in termini di ascolto reciproco tra le parti confluito verso una maggior precisione dei minimi movimenti strumentali che la caratterizzazione cameristica di questa esecuzione sinfonica richiede.

Lo esige il vitreo impasto sonoro dell’Adagio introduttivo della quarta Sinfonia che anticipa la determinazione dell’Allegro vivace, il cui vigore trova slancio nelle repentine effusioni dinamiche del primo movimento. Di simili possibilità chiaroscurali si arricchisce il terzo tempo, per giunta un altro Allegro vivace, che accoglie idealmente lo spirito esposto precedentemente nell’attesa di indurlo a scaricare tutta la tensione fin qui accumulata nell’impeto dell’Allegro ma non troppo finale.

Trova così maggiore appoggio l’entrata della sesta Sinfonia che, modellata dal contatto diretto con la natura, sembra ritrovare nuova linfa nella sospensione che anticipa il vero inizio dell’Allegro ma non troppo, la cui conduzione sembra articolarsi in un continuo susseguirsi di pattern melodici vivificati dalle indicazioni dinamiche dell’autore. Così il gesto che avvia il primo movimento si perpetua lungo tutto il suo incedere al di là della separazione introduzione-inizio tipica delle esecuzioni più diffuse. Ne deriva, forse proprio per effetto dell’originale accoppiamento delle Sinfonie, un’esecuzione uniforme nel tempo il cui polmone è qui rappresentato dalle pause che sembrano risuonare al pari della musica.

Non resta che accogliere l’invito del direttore Marco Angius per il prossimo concerto beethoveniano, dedicato alla lettura della seconda e della settima sinfonia, che per un sofisticato gioco dell’intelletto è possibile immaginare sotto forma di accordo di dominate se si considera l’interno svolgimento del festival al pari di un procedimento armonico di base, dopo un inizio di tonica del concerto iniziale e il suo conseguente appuntamento di quarta e sesta. Resta il dubbio se anche Marco Angius sia stato persuaso da un pensiero simile nel predisporre la sua originale integrale o se rimanga solo un artificio del pensiero stimolato proprio dal percorso esecutivo qui offerto.