La Grande Ambizione parte dall’ottobre 1973, quando il presidente cileno Salvador Allende viene ucciso in un golpe, e Enrico Berlinguer (segretario del Partito Comunista Italiano dal 1972) è vittima di un sospetto indicente automobilistico a Sofia, in Bulgaria, una delle Repubbliche più fedeli all’Unione Sovietica; e arriva al 9 maggio del 1978 quando Berlinguer viene informato dai suoi più stretti collaboratori che il corpo di Aldo Moro è stato lasciato dalle Brigate Rosse in Via Cairoli, a poche decine di metri dalla Direzione del PCI.

Nel mezzo non c’è solo la politica, il compromesso storico (quella grande ambizione di far entrare il PCI al Governo), il Referendum abrogativo sul Divorzio, la strage di Piazza della Loggia, il 25° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dove Berlinguer pronuncia un discorso fortemente critico rispetto alla linea del PCUS di Brežnev, i diritti degli operai in fabbrica, le brigate rosse, al centro di tutto, a legare tutto c’è la dimensione personale di Berlinguer, inscindibile da quella politica certo, ma a legare tutto c’è Berlinguer come Persona con il suo carisma e la sua ambizione civile, in una salda messa in scesa con la moglie Letizia (Elena Radonicich) e i quattro figli (Bianca, Laura, Marco e Maria).

Scritto dal regista Andrea Segre (Io sono Li, La prima neve, L’Ordine della cose, Welcome Venice) insieme al suo sceneggiatore di fiducia Marco Pettenello, con il suggestivo montaggio di Jacopo Quadri, la fotografia immersiva di Benoît Dervaux, e con le musiche di iosonouncane, Berlinguer. La Grande Ambizione è un film girato con un sobrio eppure caldo linguaggio semi-documentaristico, con una scrittura dei dialoghi dotata di una forte fisicità che rispecchia la realtà dei tempi, non c’è sensazionalismo, non ci sono slogan.

Se da un lato Segre dosa le emozioni, anche grazie a una una magistrale calibrata interpretazione di Elio Germano (che per il suo Enrico Berlinguer ha vinto il “Premio Vittorio Gassman” come miglior attore alla Festa del Cinema di Roma), dall’altro con l’inserimento nella fiction di filmati di repertorio dà una forma di concretezza che scalfisce con garbo i sentimenti.

È un film didascalico, ma mai retorico, pacato e sempre determinato (come fu Berlinguer), riesce ad essere essenziale nel procedere senza incespicare per i tantissimi eventi storici e politici, ma allo stesso tempo efficace e minuzioso nel ricreare quel periodo storico, l’atmosfera politica, e nel dare spazio ai protagonisti e alle persone dell’epoca senza farne caricature da palcoscenico (ogni attore è al totale servizio del personaggio e della sceneggiatore, per citarne alcuni: Roberto Citran per Aldo Moro, Giorgio Tirabassi per Alberto Menichelli, Francesco Acquaroli per Pietro Ingrao).

“Insieme a Marco Pettenello – ha raccontato il regista Andrea Segre – sceneggiatore e compagno di tanti viaggi importanti, ho deciso di misurarmi con questa sfida e due sono stati i cardini che mi hanno aiutato ad arrivare fin qui: da una parte il rispetto della serietà e della sobrietà di Berlinguer, dall’altra la scelta di non imitare né idealizzare, ma di provare sempre a capire. Non sono due indicazioni puramente razionali, credo siano profondamente poetiche”.

Così umanamente sincero e intenso da essere commovente.


  • Data di uscita: 31 ottobre 2024
  • Genere: Biografico
  • Anno: 2024
  • Paese: Italia
  • Durata: 123 min
  • Produzione: Jolefilm, Vivo Film
  • Distribuzione: Lucky Red