Quando il protagonista si trova al centro di due fuochi, tra il fascino di una sconfinata perdizione e un vitale bisogno di redenzione, allora più acceso si avverte l’abbandono alla sensualità, più il perdono potrà assumere caratteri inattesi. Non c’è dunque da scandalizzarsi troppo, dopotutto Tannhäuser vanta nella storia estimatori dalla spiccata personalità, Baudelaire e Wilde tra tutti.
Ne deve aver tenuto indubbiamente conto il regista Calixto Bieito nella sua versione dell’opera di Wagner al Teatro La Fenice – allestito in coproduzione con Vlaamse Opera Antwerpen, Teatro Carlo Felice di Genova e Konzert Theater Bern – che eleva sullo stesso piano, quello del desiderio, sia Venere che Elizabeth, non a caso qui delineate da tratti simili, a volte quasi ingannevoli.
Mentre Venere sprigiona la corruzione di una seduzione idilliaca nella discreta penombra del continuo ondeggiare delle fronde dei suoi alberi, protese come dita al raggiungimento dell’oggetto del piacere, Elizabeth incarna la promessa in una vita terrena, fatta di attese e, come si vedrà ben presto, di privazioni e dolore. Così, tornato a Wartburg, i Minnesingers inorridiscono al canto di Tannhäuser, ormai pervaso dai toni della lussuria. L’indignazione sarà così forte da scaturire in un atto di inaudita violenza collettiva, animata sia ritmicamente che visivamente da repentine frustate al suolo con i rami del peccato.
Al fascino delle scene di unisce un cast vocale all’interno del quale si impone senza dubbio il Wolfram di Christoph Pohl, capace di accostare con disinvoltura l’articolazione della parola a una naturale potenza e abilità d’emissione. Con lui partecipano Liene Kinča nei panni di Elizabeth e il Langravio di Pavlo Balakin, mentre di Austerine Stundyte viene apprezzato più l’impatto caratteriale della sua Venere sulla scena che le sue particolarità vocali.
Ottima la prova di Omer Meir Wellber a capo dell’Orchestra della Fenice che consegna una lettura dell’opera scevra di ogni riferimento retorico e continuamente ricollocata all’interno di una struttura pensata nella sua globalità. In questo si intravede il segno di anni di apprendistato tratteggiati dalle letture di Daniel Barenboim, suo grande maestro, che oggi gli permette di godere di una piena coscienza in termini di interpretazione del testo musicale, capace di aderire pienamente alle esigenze espressive della musica e di incontrare il pieno favore del pubblico che, anche in quest’ultima recita, lo invita ad uscire sul podio al ritmo di ininterrotti applausi.
Atto primo: versione di Parigi 1861
Atto secondo e terzo: versione di Dresda 1845-1860
Direttore: Omer Meir Wellber
Regia: Calixto Bieito
Scene: Rebecca Ringst
Costumi: Ingo Krügler
Light designer: Michael Bauer
Hermann, Langravio di Turingia: Pavlo Balakin
Tannhäuser: Paul McNamara
Wolfram von Eschenbach: Christoph Pohl
Walter von der Vogelweide: Cameron Becker
Biterolf: Alessio Cacciamani
Heinrich der Schreiber: Paolo Antognetti
Reinmar von Zweter: Mattia Denti
Elisabetta, nipote del Langravio: Liene Kinča
Venere: Ausrine Stundyte
Pastorello: Chiara Cattelan, Martina Pelizzaro, Alice Cognolato
Paggi (in ordine alfabetico): Anastasia Bregantin, Laila D’Ascenzio, Emma Formenti, Veronica Mielli, Gianluca Nordio, Francesca Pelizzaro, Matilde Preguerra, Sebastiano Roson, Edoardo Trevisan
Solisti del Kolbe Children’s Choir del Centro Culturale p.M.Kolbe di Mestre-Venezia
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro: Claudio Marino Moretti
nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
in coproduzione con Opera di Anversa, Teatro Carlo Felice di Genova e Konzert Theater Bern