Bastano pochi passi all’interno dell’Arsenale per ritrovare il piacere di visitare questo evento internazionale, e poco importa se è dedicato alle arti visive o all’architettura, in questa edizione si capisce che ci troviamo in un momento di ricongiungimento di entrambe e di tutti.

La prima stanza delle Corderie è una girandola di proposte e colori, ci troviamo stupiti a camminare in un paesaggio di sculture e porte che invitano a muoversi liberamente nello spazio e comprendere l’umanità. Among Diverse Beings è la prima sezione della mostra principale della 17. Mostra Internazionale di Architettura, curata da Hashim Sarkis. Sicuramente un’entrata di grande impatto che introduce da subito le questioni centrali della nostra quotidianità: la costante presenza della tecnologia, la questione di genere, la coesistenza di differenti culture, la tagliente ironia del dibattito sul post-umano. Il tutto arricchito da due iniziali stazioni di ricerca che si interrogano sull’accessibilità a risorse e luoghi, tradotta ad esempio in una mappa di interventi necessari per rendere accessibile a tutti l’Acropoli di Atene. Forse questo è uno dei meriti della mostra: non si tratta solo di evidenziare le criticità, ma soprattutto di proporre soluzioni e di mostrare cosa si sta già facendo.

Agire è il verbo. Questa scintilla di azione instilla buon umore e, per la prima volta dopo anni, un senso di positività. Le idee sono moltissime, l’architettura crea una connessione con le aree più diverse, dalle neuroscienze all’astronomia, e individua una grande musa a cui continuare a ispirarsi: la natura. Il visitatore osserva studi sugli uccelli e il loro habitat, architetture di spugne o in cera, realizzate osservando le api, e attraversa paesaggi sonori. Al centro della seconda stanza l’incontro tra macchine e natura viene sancito da un braccio meccanico impegnato a creare un ecosistema. Sarà dunque la tecnologia ad aiutarci nel passaggio verso una nuova era più rispettosa dell’intero pianeta? Intanto, grazie alle stampanti 3D si realizzano progetti incredibili esposti in mostra, come ad esempio lo studio sul cervello umano in Sense of Space.

E siamo solo all’inizio. La seconda sezione è dedicata alle nuove tipologie di abitazioni – As New Households – alcune immaginate, altre già realizzate. Davanti alle ampolle dove ribolle la verde spirulina, base di una costruzione biotecnologica, spicca una grande keja in lamiera, rifugio di molti giovani kenioti. Le grandi installazioni non mancano, soprattutto in questa eccezionale sede. Così accanto a una piccola ricostruzione di un quartiere in Cina, si erge un muro in legno i cui elementi possono essere ruotati creando un meccanismo di apertura o chiusura degli spazi. Una sorta di portale che introduce alla stanza successiva, dominata da una struttura interamente realizzata in fibre di vetro e carbonio, dunque a basso impatto ambientale. Sono molte le proposte di abitazioni che cercano di ridurre l’impatto dell’uomo sul pianeta, nelle metropoli i progetti si sviluppano spesso su un asse verticale immaginando alti edifici dotati di multi servizi che permettono ad un ingente numero di persone di coesistere nello stesso spazio.

L’elegante studio sulle forme di Aires Mateus ci guida verso l’ultima sezione delle Corderie – As Emerging Communities – un fermento di attività. Si parte dagli interventi in Colombia per creare dei centri di aggregazione per la comunità o dalla realizzazione di un lungo viadotto cittadino negli Stati Uniti e si arriva fino alla luna. Nonostante l’ascensione galattica, diversi progetti presenti in questa sezione puntano ad una società orizzontale, seguendo una linea di pensiero che vuole abolire le gerarchie, spesso riflesse negli edifici del potere. Se alcuni studi decidono un approccio teorico dalle grafiche sgargianti, altri documentano momenti di coesione sociale nei quali l’architettura ha contribuito a plasmare luoghi per le comunità. Spazi di condivisione quotidiana possono essere le panchine nelle aree urbane o i centri culturali, fino all’amara ma necessaria presenza delle strutture ospedaliere. Nonostante la serietà dei temi affrontati, non viene mai a mancare una nota poetica, una ricerca della bellezza presente nel nostro pianeta, e rilevabile anche in microorganismi come funghi e muffe.

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Il percorso riesce ad incuriosire senza stancare, non ci si trova davanti ad una piatta esposizione di sezioni e plastici, ma piuttosto a una proposta di progetti presentati attraverso installazioni di vario genere, accompagnati da video o suoni. Dopo una breve sezione dedicata a Venezia, che fa ben percepire l’erosione costante di questa città, l’ultima stanza offre una serie di finestre dalle quali osservare il mondo: India, Sud America, Africa, Europa, Medio Oriente… ma alla fine non importa a quale latitudine ci troviamo, ciò che vediamo è un’umanità unita che non si ferma mai.