Negli ultimi giorni non si è parlato d’altro, il che per un titolo uscito sotto Natale che non sia né un film per famiglie né l’ennesima fatica vanziniana è già un traguardo, ma popolarità e qualità non vanno sempre a braccetto. Potrebbe essere il caso di Bird Box, il dramma post-apocalittico di Susanne Bier con protagonista Sandra Bullock che dal 13 dicembre scorso troneggia nelle nostre home page di Netflix. L’idea semplice e potenzialmente vincente che sta dietro a Bird Box (tratto dall’omonimo romanzo dell’americano Josh Malerman) potrebbe ricordare qualcosa ai cinefili che sono stati più attenti alle novità cinematografiche dell’anno passato:un’entità misteriosa che spinge chiunque la veda coi propri occhi ad uccidersi ha quasi sterminato il genere umano; il film ce lo racconta sia attraverso la disperata fuga della non simpaticissima protagonista Malorie (Bullock), che attraversa il paese bendata assieme a due bambini, che tramite dei flashback che ci portano indietro ai primi giorni dell’epidemia, in cui vediamo Melorie e altri sopravvissuti rifugiati nella casa dell’enigmatico Douglas (John Malkovich).

In molti in questi giorni hanno maliziosamente sottolineato le pesanti somiglianze tra l’idea di base di Bird Box e quella di A Quiet Place, fortunata pellicola dello scorso anno in cui i protagonisti dovevano evitare di produrre qualsiasi tipo di rumore per non venire sterminati da un’entità sovrannaturale. Al di là delle sterili polemiche sulla paternità dell’idea (anche perché si potrebbe sottolineare come il libro da cui è tratto Bird Box sia uscito anni prima di entrambi i film) il paragone tra le due pellicole lascia il tempo che trova per un semplice motivo: A Quiet Place riusciva a trasporre su pellicola l’idea di partenza con una padronanza dell’audiovisivo che gli autori di Bird Box si sognano di notte. Invece di approfittare di un espediente del genere, giocando per esempio sui diversi POVs o comunque sfruttando meglio l’idea del “nemico inguardabile”, il film Netflix si limita a ridurre la benda sugli occhi dei suoi personaggi a un mero accessorio poco fashion, finendo per trasformare quello che poteva diventare un survival movie coi controfiocchi in un lunghissimo episodio di The Walking Dead nelle scene ambientate nella casa di Douglas (interpretato da un John Malkovich al limite del demotivato e protagonista con Malorie di alcuni dei dialoghi più pretenziosi e vuoti del film) e in un documentario di Bear Grylls mal riuscito nei momenti in cui segue la Bullock e i due pargoli nella loro fuga tra i boschi. La Bier sembra quasi aver paura di farci vedere le scene attraverso la benda, espediente che avrebbe aggiunto un pizzico di pepe in più alla noiosa traversata della protagonista coi due bambini ma che la regista decide di utilizzare per un paio di inquadrature in croce. Un’altra risorsa fondamentale su cui poteva contare A Quiet Place erano gli attori, anche e soprattutto i due bambini protagonisti, attorno ai quali era di fatto costruita l’intera sceneggiatura e a cui era affidata, tra giochi di sguardi e linguaggio non verbale, l’intera potenza espressiva della pellicola.

Qui non solo la sceneggiatura non sembra andare in questo senso, con scene che poco hanno a che fare con l’espediente sensoriale (in questo caso la vista) della trama, ma in più l’unica che nel cast sembra veramente metterci impegno è l’osannatissima Bullock, che in effetti fa il suo lavoro nel migliore dei modi distinguendosi come una delle poche cose salvabili dell’intera pellicola, sicuramente non grazie all’aiuto dei bambini più inespressivi della storia del cinema o dell’improbabile ensamble di survivors nelle scene del flashback, che va dall’inappropriatissimo rapper Machine Gun Kelly al pietoso tentativo di comic relief del personaggio di Charlie, interpretato dal comico Lil Rel Howery, lanciato come attore in Get Out e ora inutilmente onnipresente sul grande e piccolo schermo. Per concludere non si può non citare l’allarme emulazione, dato che di Bird Box si è parlato soprattutto per l’omonima challenge ispirata dalla pellicola che in questi giorni ha riempito il web di idioti che si filmano nell’atto di compiere le più svariate azioni da bendati, costringendo Netflix a negare ogni responsabilità in caso di vittime e feriti. Ironia della sorte vuole che, probabilmente, una delle poche cose che converrebbe fare da bendati sarebbe proprio guardare questo film.