“Pensiamo comunemente il tempo come qualcosa di semplice, fondamentale, che scorre uniforme, incurante di tutto, dal passato verso il futuro, misurato dagli orologi. Nel corso del tempo si succedono in ordine gli avvenimenti dell’universo: passati, presenti, futuri; il passato è fissato, il futuro aperto… Bene, tutto questo si è rivelato falso”. Sono parole di Carlo Rovelli (L’ordine del tempo, Adelphi, 2017), autore di libri di grande successo di divulgazione delle complessità della fisica.
Nick Payne, commediografo (e sceneggiatore) inglese specializzato nell’esplorare le complicazioni delle relazioni amorose, ha saputo trovare ispirazione dal modo in cui la fisica ha via via modificato il modo di intendere il tempo. Costellazioni – uno dei titoli di maggior successo del suo catalogo (a Broadway è stato portato in scena da Jake Gyllenhaal e Ruth Wilson) – è una pièce semplicissima eppure estremamente ingegnosa. Quel che racconta è una storia d’amore qualunque, simile a miliardi di altre storie d’amore. Una storia che inizia con un incontro casuale a un barbecue e prosegue attraverso tante situazioni ordinarie, alcune liete, altre drammatiche. La racconta però in modo molto originale, frammentandola in tante brevissime scene (l’incontro, il momento in cui lui, o lei, confessano un tradimento, la separazione, eccetera), ognuna delle quali si ripete più volte, con piccole o grandi variazioni. Una stessa situazione (come, ad esempio, la lezione di ballo in cui i due si ritrovano dopo essersi lasciati) può avere risvolti ed esiti di natura opposta. L’abile scomposizione che Nick Payne opera sul tempo narrativo riecheggia, per l’appunto, le “scoperte” della fisica: per usare ancora le parole di Rovelli, “la differenza fra passato e futuro – fra causa e effetto, fra memoria e speranza, fra rimorso e intenzione – nelle leggi elementari che descrivono i meccanismi del mondo non c’è”.
La pièce “prende” fin da subito: il moltiplicarsi dei possibili esiti alternativi del primo incontro durante il party suscita immediata identificazione nello spettatore (che inevitabilmente ritroverà proprie esperienze passate in uno o più di questi quadri iniziali). E infatti a queste prime scene il pubblico, grazie a questo rispecchiamento, ride di gusto. Poi, via via che la storia si sviluppa e che la relazione passa attraverso momenti drammatici (litigi, tradimenti, malattia), subentrano anche altre sensazioni, anche se i momenti umoristici ritornano (come nelle esitazioni durante la scena della proposta di matrimonio). A poco a poco, lo spettatore – che abbia oppure no famigliarità coi concetti della fisica che hanno dato il la all’ispirazione di Payne – si trova immerso in una interessante riflessione sulle nozioni di scelta e di caso e sulla ricerca di un senso all’esistenza (il personaggio maschile, che è un apicoltore, invidia le certezze della vita delle api) .
Raphael Tobia Vogel ha allestito Costellazioni ambientandolo in una scenografia spoglia, fatta solo di suggestivi giochi di luci che cambiano di quadro in quadro. Il bell’affiatamento tra i due interpreti (Elena Lietti e Pietro Micci) dà vita a uno spettacolo che riesce ad essere molto coinvolgente: breve (dura poco più di un’ora) ma capace di lasciare riverberi che proseguono anche fuori dal teatro.
“Costellazioni” di Nick Payne
traduzione: Matteo Colombo
regia: Raphael Tobia Vogel
con Elena Lietti e Pietro Micci
produzione Teatro Franco Parenti / TPE – Teatro Piemonte Europa
Visto al Teatro Franco Parenti, Milano, il 4 febbraio 2022.