Dogtooth approda infine anche nei cinema italiani, appena undici anni dopo il suo debutto al Festival di Cannes del 2009. Non sappiamo a cosa sia dovuto tanto ritardo: il film ha ottenuto ottime recensioni a livello internazionale, sia negli USA sia in diversi Paesi europei, dove è stato lanciato già nel 2010. Ma di una cosa siamo certi: la pellicola merita l’attesa.
La trama narra la vita distopica di una famiglia composta dai genitori e tre figli ormai adulti. I genitori hanno cresciuto i ragazzi nella loro grande casa, senza mai permettergli di uscire. Anzi, è stato insegnato loro che il mondo al di fuori del cancello è un luogo pericoloso e che l’uomo raggiunge la maturità e l’esperienza necessaria ad uscire solo quando gli cade il canino. Solo noi (e i genitori) sappiamo che questo non accadrà mai. Nel mentre i tre figli vivono una vita tranquilla seppur surreale, scandita da compiti ed esercizi che gli vengono impartiti. La madre insegna loro nuove parole, alterandone completamente il significato, allo scopo di nascondere tutto ciò che esiste “fuori” e che i suoi figli non potranno mai vedere. È il caso, ad esempio, della parola “mare, a cui viene attribuito il significato di “poltrona di pelle con braccioli”. Oppure “zombie”, che per i nostri personaggi significa “piccoli fiori gialli”.
I ragazzi vivono totalmente isolati dal mondo esterno, anche attraverso la rimozione completa della tecnologia: in casa non c’è telefono, radio o televisione. O meglio, il telefono c’è, ma è nascosto e ad uso esclusivo dei capofamiglia. La televisione viene utilizzata solo per guardare videocassette preventivamente registrate di eventi o giornate famigliari. Solo al padre è permesso uscire e l’uomo, infatti, si reca quotidianamente al lavoro, portando a casa ogni alimento o prodotto necessario.
I figli vengono trattati come bambini e infatti mostrano uno scarso sviluppo intellettuale, eppure c’è qualcosa in loro che cerca di crescere e non trova vie di fuga. Per l’unico figlio maschio si tratta di una sessualità fin troppo tardiva, che il padre cerca di assecondare portando a casa una ragazza. Si tratta di Christina, l’unico personaggio ad avere un nome. La giovane donna accetta di avere rapporti a pagamento; nonostante ciò, nonostante la sua vita misera e i comportamenti ambigui, Christina è un personaggio energico e vitale, e non può fare a meno di portare nella casa piccoli pezzi di quel “fuori” sconosciuto.
L’altra grande protagonista della storia è la figlia maggiore, la prima a sentire come impellente la necessità di uscire, il senso di costrizione insopportabile dato dai genitori, dai confini della loro casa. Nella sua evoluzione va sottolineato il potere salvifico del cinema. Nel corso dei 93 minuti in sala, viviamo con lei questa crescente insoddisfazione, questo formicolio quasi fisico, fino allo splendido finale. Una fine che possiamo leggere come aperta a ogni possibilità di futuro, oppure molto chiusa, come il bagagliaio di un’auto.
Le letture che si possono dare alla pellicola sono molteplici; gli spunti di riflessione altrettanto numerosi: l’educazione e la crescita, l’opposizione di significante e significato, di un “dentro” e un “fuori”. In Italia Dogtooth è vietato ai minori di 18 anni, e a buona ragione: nella storia di Lanthimos trovano spazio sesso, violenza e incesti, in una distopia inquietante che ricorda molto le atmosfere di The Lobster.
Dogtooth
Regia di Yorgos Lanthimos
Anno 2009
Con Christos Stergioglou, Michele Valley, Angeliki Papoulia, Mary Tsoni, Hristos Passalis
Durata 93 minuti
Uscita cinema giovedì 27 agosto 2020
Distribuito da Lucky Red