Presentato nella sezione Giornate degli Autori, Dove cadono le ombre è il primo lungometraggio di fiction di Valentina Pedicini, incentrato sulla scabrosa vicenda della persecuzione dei nomadi jenisch consumatasi in Svizzera intorno agli anni Settanta.
Anna – Federica Rossellini – è inserviente presso la casa di cura Salus: nessuno sa che tra quelle stesse mura, nemmeno vent’anni prima, decine di bambini jenisch – tra cui la stessa Anna – sono stati sottoposti al programma Pro Juventute, mirato a correggere con terapie rasentanti la tortura i loro geni deviati. A riportare alla luce questi dolorosi ricordi è l’arrivo della dottoressa aguzzina di Anna – interpretata da Elena Cotta, già vincitrice a Venezia70 della Coppa Volpi come Miglior Interprete Femminile per Via Castellana Bandiera (2013) – , con la quale instaura un rapporto sospeso tra desiderio di vendetta e amore filiale, senza mai perdere di vista il proprio obiettivo: scoprire che fine ha fatto la sua amica d’infanzia Franziska.
Per il suo debutto nel cinema di finzione, Pedicini racconta un genocidio dimenticato traendo spunto da più di 700 storie vere: sarebbero stati circa 2000 i giovanissimi sottratti ai genitori biologici – dichiarati ad hoc mentalmente infermi – e coinvolti nel suddetto programma di eugenetica, che prevedeva sterilizzazione e somministrazione di farmaci sperimentali. La questione viene affrontata abbastanza superficialmente, ma forse non è nemmeno questo lo scopo: Dove cadono le ombre parte sì da eventi realmente accaduti, ma solo per dare una cornice credibile – e in quanto fattuale ancora più inquietante – al brivido che vuole suscitare.
E sarebbe una scelta condivisibile, non fosse che la sceneggiatura – scritta a quattro mani dalla regista e da Francesca Manieri – non si dimostra all’altezza degli standard imposti dal genere: i personaggi sono monodimensionali e intrattengono dialoghi che sarebbe poco definire impostati, così come impostata è la recitazione della protagonista – un debutto, quello di Federica Rossellini, purtroppo da pollice verso – su cui in fin dei conti si regge l’intera architettura. Del tutto fuori luogo resta poi la repentina metamorfosi di Anna da taciturna a provocante e sboccata nella scena della partita a poker, in cui con tutta la sua rabbia accusa gli ospiti della loro connivenza nello sterminio: forse, un tentativo in extremis di dare spessore a un personaggio che, di fatto, non ne ha.
Pedicini dimostra di saper sfruttare al meglio le scenografie e le possibilità di illuminazione da queste offerte, dimostrando di non difettare di personalità registica. Ciononostante, a parte il merito di aver tentato di fare qualcosa di nuovo nell’ambito del cinema nostrano, Dove cadono le ombre ha poco dalla sua, configurandosi come una pellicola prolissa e indecisa su che registro adottare.