Arriva anche al Goldoni di Venezia l’adattamento di Giorgio Sangati della commedia, da molti considerata “minore”, I due gentiluomini di Verona di William Shakespeare.
Incentrata principalmente sui temi dell’amore e dell’amicizia (tanto cari al drammaturgo inglese), la commedia non è tra quelle più rappresentate, un po’ per la poca empatia suscitata dai personaggi, un po’ per la costruzione intricata della trama. Lontana dalla leggerezza di Molto rumore per nulla e dai giochi amorosi di Pene d’amor perdute, I due gentiluomini di Verona risulta essere un buon pezzo di teatro ma senza il trasporto e l’emozione degli altri lavori.
Giorgio Sangati si misura, quindi, con la parte meno nota di Shakespeare e decide di sfidare il pubblico in una messa in scena anticonvenzionale (forse un po’ troppo lunga nella durata) e con un gioco di piani intersecati, non sempre efficacemente legati.
Affezionarsi alle vicende amorose di Valentino e Proteo non è così immediato. Legati da una solida e, apparente, sincera amicizia, i due sono costretti a dividersi. Valentino lascia Verona alla volta di Milano, dove troverà l’amore nella misteriosa Silvia. Proteo, ancorato a Verona dall’amore di Giulia, si troverà costretto dal padre a lasciare città e amata per la medesima Verona, dove capitolerà per la stessa Giulia. Il tutto, come nelle più belle storie shakesperiane, si attorciglierà formando un groviglio fitto e complesso.
Coraggiosa, quindi, la scelta di Sangati di adattare questa commedia, dove pathos e leggerezza non riescono ad amalgamarsi fino in fondo. Gli intervalli “comici” regalati dai due servitori risultano, forse, un po’ posticci, e nonostante la buona interpretazione di Paolo Giangrasso (nei panni di Lanciotto) il tutto non risulta molto convincente.
Le buone interpretazioni di tutti gli attori, dai principali ai secondari e le loro parole declamate con convinzione e passione non riescono a toccare i giusti tasti per emozionare a dovere lo spettatore.