Votata a carpire i grandi nomi della musica negli spostamenti da una città all’altra durante i loro tour internazionali, la stagione cameristica del Teatro Comunale di Treviso non poteva non presentare il violinista Leonidas Kavakos al fianco del suo fido pianista Enrico Pace.

Della seconda Suite Italienne di Stravinskij bisognerà attendere almeno il secondo o il terzo brano dell’opera per comprendere le intenzioni del duo, quando la naturalezza del cantabile del violino privilegia invisibili peripezie virtuosistiche su un fondale pianistico estremamente attento a rendere con chiarezza i minimi elementi chiaroscurali di ogni singola pagina. Così il fluire del pianoforte inciampa in brillanti acciaccature che evidenziano l’armonia del Neoclassicismo di Stravisnkij mentre il violino copre l’intera gamma sonora in passaggi velocissimi, le cui singole note si allineano a parità di calibro, aleggiando in sonorità tenue di raffinata impalpabilità. Ne deriva un innato senso della forma, metabolizzato dai componenti di questo duo cameristico, il cui cerchio si chiude nel brio conclusivo del Minuetto e finale.

Un netto cambio di registro si impone con l’esecuzione della Prima Sonata di Prokofiev, che suggerisce un notevole scavo introspettivo radicato in sonorità del registro grave e caratterizzato nelle diffuse sospensioni emozionali del primo movimento, nelle taglienti inquadrature dell’Allegro brusco, prima di concludersi nell’Allegrissimo finale. Qui la necessità di intravedere una possibile emersione di spirito è data dal precedente movimento cui la cantabilità del violino si muove stuzzicato dai delicatissimi quanto brillanti passaggi del pianoforte, alimentati dalle possibilità tecniche ed espressive dei componenti di questo affiatato duo.

Nella seconda parte del concerto, l’esecuzione di Distance de fée di Toru Takemitsu viene posticipata da una pausa eccessivamente abbondante, almeno secondo il giudizio del pubblico che tenta di riportare i due musicisti sul palco con ripetuti applausi, per poi molestarne l’intesa con evidenti chiacchiericci uniti a squilli elettronici di ogni genere, quasi a testare la tenuta di Kavakos, evidentemente seccato. Ad allarme rientrato, nulla ha più minacciato l’andamento del concerto, avviato con il brano di Takemitsu sul ricordo di sonorità debussiane, fino alla monumentale Sonata di Franck, che se da un lato pone in evidenza l’impegno del pianista, dall’altro sancisce l’intesa di questi due straordinari musicisti su ripetuti cicli di applausi del pubblico in sala.