Partiamo da un presupposto: che siate o meno fan della Austen poco importa, Emma è innegabilmente e inequivocabilmente il suo romanzo più leggero. Leggero non nel senso degli argomenti trattati (che in genere non narrano quasi mai drammi in senso stretto), ma nel senso della profondità dei personaggi e degli avvenimenti, che sono pressoché nulli.
Detto questo, analizziamo l’adattamento cinematografico più recente e cerchiamo di capirci qualcosa.

CAST. In una parola: piatto.

Anya Taylor-Joy è l’unica che ci prova, anche se non riesce comunque a farci appassionare al suo personaggio. Questo potrebbe però anche essere dovuto a infelici richieste di regia.
Tra gli altri personaggi nessuno degno di nota: Mr Knightley, interpretato da Johnny Flynn, che tra le righe del romanzo viene ben delineato in molti aspetti, risulta piatto e poco convincente. Mia Goth (Harriet Smith) è forse la più fedele al testo come impostazione, ma debole nell’interpretazione.
Callum Turner (Frank Churchill) inesistente nella sceneggiatura come nella prova attoriale.

REGIA. Inconcludente.

Quello che dal trailer sembrerebbe un adattamento moderno, ironico, che strizza l’occhiolino al teatro, si rivela un pasticcio narrativo piuttosto inconcludente.
Nel tentativo di rendere ironici i personaggi, enfatizzando le loro caratteristiche, si finisce per tramutarli in grottesche caricature.
Emma è senz’altro una ragazza leggera, un’alto borghese che, parafrasando l’autrice, non ha avuto molto di cui preoccuparsi nel suoi primi 21 anni: bella, ricca, sicura di sé, benvoluta. Ma attenzione, perché confondere la leggerezza con la vacuità è un peccato mortale, soprattutto se si parla di Jane Austen.
Citando Virginia Woolf: “Jane Austen domina emozioni assai più profonde di quanto si offrano a prima vista, ci incita ad aggiungere cosa manca”. Emma, oltre ad essere ricca e viziata, è orfana di madre fin da piccolissima, nutre per il padre un affetto tenero e assoluto, tenta di pilotare i sentimenti altrui perché ha paura di affrontare i propri.
La scena della tanto sospirata dichiarazione di Knightley è un climax di dolcezza, qui nel tentativo di “far ridere” si è resa grottesca anche quella.
Questo adattamento riesce a renderla antipatica dal primo all’ultimo fotogramma.
Ah, sì, i fotogrammi. Un plauso va senz’altro alla notevole fotografia, elemento di qualità davvero superiore presente per tutta la durata del film.
La regista Autumn de Wilde è infatti una fotografa professionista al suo primo lavoro cinematografico.
Perché lasciare la strada vecchia per la nuova?