Il Locarno Festival 2018 è oramai entrato nel vivo, tutte le sezioni hanno visto i primi due o tre film venire proiettati. Cineasti del presente, la categoria dedicata agli emergenti, sembra essere partita sulla falsariga dell’edizione dell’anno scorso, con pellicole discontinue e divise tra luci e ombre. Familia sumergida ne è un perfetto esempio.

L’eponima famiglia non è però al centro di un racconto familiare, poiché si vede la madre e moglie, Marcela, prendersi il ruolo da protagonista mentre figli e marito le orbitano attorno come pianeti. Lei, devastata dalla perdita della sorella, inizia gradualmente ad allontanarsi dal proprio mondo, estraniandosi da tutto e tutti, fino a quando l’incontro con Nacho, un ricercatore riciclatosi factotum, le fa cambiare prospettiva, conducendola verso un grado di consapevolezza più elevato, fino a parlare con i parenti defunti in una sorta di dimensione alternativa.

Familia sumergida, diretto da Maria Alché, già apprezzata nel ruolo di Amalia nello stupendo La niña santa di Martel, rappresenta per l’attrice il battesimo alla regia di un lungometraggio. Dopo i due corti iniziali, ella si cimenta nella sua prima vera e propria esperienza dietro la macchina da presa, incappando nelle stesse difficoltà che si pongono di fronte a quanti, trai vari personaggi che popolano il mondo del cinema, decidono di intraprendere la carriera di regista con un repentino cambio di ruolo. Alché era (è) un’attrice di buon livello, ma come regista si rivela, neanche a dirlo, estremamente immatura.

Immatura è la sua voglia di strafare, sin da subito, di urlare in faccia al pubblico: “Guardami, sono un’autrice” e di ottemperare ai cliché del caso, quali onirismi gratuiti, diversi livelli di realtà, ermetismo fittizio che si scopre pian piano bombardamento di informazioni non richieste, e una struggente lotta con l’immagine che testimonia la complessità nel riuscire a esprimersi filmicamente. Marcela dopo la morte di Rina inizia a distanziarsi, ma il suo atto di allontanamento non è pieno distacco, giusto una silenziosa apatia senza troppe conseguenze, disarticolata in parecchi episodi autoconclusivi che oscillano tra una parodia del coming-of-age di cassavetesiana memoria e l’allineamento forzato alla corrente del realismo sudamericano in voga negli ultimi dieci anni, confermando un’ulteriore problematico stereotipo del non-regista che si dà alle grandi manovre, quello della mala gestione delle influenze.

A più riprese si nota come il film manchi di una base solida, di un’idea grande, nucleica, su cui sviluppare “per rami” il discorso che si vuole portare avanti, svelandosi piuttosto come un pastiche eterogeneo di suggestioni e idee generiche. Fattore che però sembra far prendere un minimo la mano alla giovane regista, che nella seconda metà di film aggiusta il tiro, permettendo di dare all’opera un’aria più amalgamata, coerente con se stessa. Gli onirismi scemano e quindi evapora anche quella sensazione d’invadenza che questi si portavano dietro. Eccessivamente protratti nel tempo, insistiti, e soprattutto non richiamati né dal montaggio né dalla regia in alcun modo, essi si svolgono in una stanza dove Marcela riesce a dialogare con i parenti morti, ma al di là di qualche allegoria del peso del passato, sia storico che personale, probabilmente, si sviluppano più come collezioni di informazioni irrelate, e senza transizione graduale tra l’una e l’altra, procedendo di fatto per elenchi.

La trasformazione di Marcela da pseudo-straniero camusiano a “illuminata” è indubbiamente mal gestito, soprattutto a livello tecnico (Alché ancora non ragiona per immagini) preferendo affidare il processo alle conversazioni con Nacho, spesso pretestuose e inutilmente astratte, qualche (rara) volta più interessanti. Questo crescendo permea anche il finale, lasciando un’idea meno negativa grazie anche a un paio di perle isolate, quali sono il monologo cantato dal marito di lei e il bel piano-sequenza finale, ma Familia sumergida non è un’opera prima in grado di far presagire una robusta carriera, non è un esordio valido promettente, anzi, lascia parecchi dubbi.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci qui il tuo commento!
Inserisci qui il tuo nome