Si può essere fedeli a se stessi quando si è infedeli agli altri? È questo il quesito che si pone Marco Missiroli nel suo ultimo romanzo, Fedeltà, edito da Einaudi Editore.

Una domanda che sembra forse banale ma che, nella risoluzione della vicenda narrata, non trova alcuna risposta definitiva.

È l’identità, più che l’infedeltà, il tema principale dell’opera: la ricerca del proprio io interiore attraverso l’intimità, spesso consumata infedelmente, con il prossimo. Nessuno dei personaggi narrati da Missiroli ha infatti una personalità risolta. Non è risolto Carlo Pentecoste, docente universitario, che cerca assiduamente una stabilità lavorativa per nascondere la sua tumultuosa vita sentimentale. È un fedifrago che si logora nel desiderio, spesso appena accennato ma talvolta consumato, verso le donne. È un uomo che tenta di nascondere la propria mediocrità ergendosi a oggetto del desiderio femminile. È un fedifrago, a conti fatti, proprio come lo è sua moglie Margherita, attratta dal fisioterapista Andrea, e che cerca in lui una via di fuga da un matrimonio che ormai prosegue per inerzia. L’animo dei protagonisti viene indagato a fondo e, mentre le pagine scorrono, assistiamo ai pensieri e alle azioni di personaggi che cercano nel sesso la loro identità. Quindi si può essere fedeli a se stessi quando si è infedeli agli altri? L’infedeltà spesso pensata, pianificata, talvolta accennata o più frequentemente consumata, diventa un atto di fedeltà verso la propria interiorità, ahimè, votata al tradimento e all’incompiutezza.

Fedeltà è un’opera complessa, non di facile fruizione, che garantisce però la piena maturità artistica del giovane autore, già accennata in precedenza con il bellissimo Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli Editore, 2015). Anche in quel caso la materia sessuale era fondamentale per la formazione dell’individualità. Questo romanzo, che va chiudere un ipotetico e ideale dittico, ne è il naturale proseguimento. Da non perdere.

Voto: 8/10