Gli occhi innocenti di una bambina hanno conquistato i giurati del premio Cinit Cineforum italiano alla 26a edizione del Festival del cinema Africano, Asia e America latina (Milano, 4-10 aprile 2016). I quattro giurati hanno premiato la regista marocchina Maryam Touzani, già conosciuta grazie al suo corto “Quand ils dorment”, per il film Aya goes to the beach (“Aya va alla spiaggia”).
Il corto, presentato in anteprima al Dubai Film festival, ha conquistato anche la menzione speciale del concorso cortometraggi africani. La motivazione del premio, che consiste nell’acquisizione dei diritti di distribuzione in Italia, è esplicativa:
“Per l’arcobaleno di colori e di spunti offerti da una fiaba solo apparentemente semplice, capace di unire in un unico destino due donne sole che, opposte per età, condizione fisica e sociale, si scoprono in piena sintonia per il medesimo sguardo sul mondo che si muove sotto i loro balconi e per il comune bisogno di libertà e di amore; e per la straordinaria prova della giovanissima attrice protagonista nel restituire la profondità interiore del suo personaggio, una bambina in grado di perseguire un sogno andando oltre la propria condizione, i divieti e gli ostacoli”.
Maryam è una giornalista che per anni ha scritto di cinema poi la svolta, con la decisione di esprimere la propria visione del mondo. Inizialmente la giovane regista di Tangeri si è dedicata al documentario passando alla fiction solo più tardi. “Aya goes to the beach” racconta le giornate di una bambina di 10 anni che lavora come domestica presso una casa alto borghese, aspettando di poter uscire dopo ave terminato tutte le faccende. “Ho bisogno di raccontare attraverso le immagini – ha detto. Di questo film non si è parlato molto in Marocco anche se si è visto, forse perché disturba. Volevo mostrare il volto di queste persone, le schiave-bambine e le donne segregate. Il mio intento è quello di cambiare lo sguardo della società”.
Chi sono le protagoniste del tuo film?
“Due prigioniere e due assenze. La bimba attende la madre che la venga a prendere per la festa musulmana e la signora disabile di nome Habiba aspetta la sorella. Aya deve evadere. L’idea della prigione è un concetto importante nel film ed è rappresentato dalle inferriate dei balconi. È chiara la mancanza che queste due persone vivono: entrambe sono prigioniere della propria vita”.
Qual è la svolta del film?
“Quando la bimba al posto del profumo per la madre compra da mangiare per festeggiare con Habiba. È una bambina dotata di sensibilità”.
Come hai trovato la giovane protagonista Hanane Safouh?
“Avevo in mente il personaggio e ho girato a Casablanca per trovarla, negli orfanotrofi, nelle scuole dove ho incontrato tante belle ragazze. Poi ho deciso di rivedere la piccola protagonista del primo corto. Abbiamo fatto delle prove e l’ho trovata…”.
Questo film si rivolge ai giovani?
“Sì, parla in modo particolare ai giovani, c’è un’attenzione particolare rivolta a loro”.
Cosa ti auguri per il futuro?
“In Marocco 60.000 bambine tra i 5 e i 15/16 anni non studiano e lavorano a servizio; nel mio Paese c’è una legge che non lo permette, e mi auguro che il processo di cambiamento sia il più rapido possibile”.