Non poteva esserci data migliore di un caldissimo 23 luglio per parlare di draghi e battaglie con frecce infuocate. Con un tempismo perfetto è infatti arrivato Stormborn, secondo episodio della settima stagione di Game of Thrones, trasmesso da HBO per gli Stati Uniti e in contemporanea inItalia su Sky Atlantic. L’episodio conferma la linea dettata dal primo episodio, Dragonstone: una prevalenza sempre più marcata dei potentissimi personaggi femminili e la tendenza a dare più spazio a magie, tradizioni e antiche religioni a scapito di battaglie e combattimenti (che però, come è logico, non abbandonano mai il programma).
Da qui in poi la recensione contiene una quantità non indifferente di spoiler. Ad aprire l’episodio è infatti una minacciosissima Daenerys che riesce incredibilmente a portare un sospetto lord Varys a giurarle fedeltà, per poi incontrare Melisandre, con cui avrà un fitto dialogo in valiriano sul futuro dei sette regni durante il quale la sacerdotessa suggerirà l’unione con Jon Snow, tanto anticipata e predetta dai fan della serie negli anni. E in Stormborn dalla parte di Daenerys troviamo alcuni dei personaggi femminili più caratterialmente forti di tutta la saga: Olenna Tyrell, Ellaria Sand e Yara Greyjoy (Asha nella versione italiana).
A completare questo dream team i fedelissimi Verme Grigio e Missandei, protagonisti di una scena di sesso forse fin troppo scontata ma tanto tenera quanto ben girata. Protagonisti di quello che è forse il momento più memorabile dell’episodio sono Jorah Mormont e Samwell Tarly, al centro di quella che si candida ad essere la scena più gore della settima stagione senza ritrarre combattimenti o scontri corpo a corpo: infatti Mark Mylod, il regista di questo secondo episodio, decide di “regalare” agli spettatori una breve ma intensa sequenza in cui Sam mette in pratica una complicatissima e disgustosa tecnica per curare Jorah dal morbo grigio. Ma Stormborn non è esente neanche dalla consueta dose di battaglie, con lo scontro tra le flotte di Asha e Euron Greyjoy.
Anche in questo episodio la quantità di scene dedicate a maestri, riti e sacerdotesse è superiore agli episodi delle scorse stagioni, quasi a voler sottolineare la predominanza dell’elemento magico sulla superiorità fisica e bellica di qualsiasi personaggio nell’universo creato da George H. H. Martin. Non a caso la prima persona a cui Cersei va a chiedere consigli per fronteggiare l’imminente arrivo di Daenerys e i suoi draghi è il maestro Qyburn, e per lo stesso motivo sempre più spazio viene dato a Samwell Tarly. Nella scena incredibilmente grafica della cura per il morbo grigio per esempio quello che vede lo spettatore è un guerriero abituato alle sfide più ardue come Jorah piangere dal dolore tra le mani dell’unico in grado di salvargli la vita. Ma la retorica sulla figura dell’eroe, in realtà già frequente nella serie, viene ripresa verso la fine con la memorabile fuga di Theon Greyjoy proprio quando avrebbe potuto salvare la sorella dallo zio Euron, personaggio a cui in questa stagione verrà dato uno spazio non irrilevante.
Per quanto riguarda la prevalenza dei personaggi femminili, persino a Castello Nero cominciano ad arrivare le prime quote rosa, con l’imminente partenza per Dragonstone di Jon Snow che decide di affidare i suoi uomini a Sansa. Ma nell’episodio è comunque presente la giusta dose di adrenalina, con una battaglia finale tra le flotte di due Greyjoy, quella di Asha e quella di Euron, resa al meglio sia per quanto riguarda la regia che per quanto riguarda la coreografia dei combattimenti. In conclusione, anche questo secondo episodio si distingue per una certa originalità, senza trascurare la consueta dose sia di combattimenti tipica della serie.