La recensione contiene spoiler

Trasmesso domenica 30 luglio da HBO per gli usa (e in contemporanea in Italia su Sky Atlantic) il terzo episodio di questa terza stagione di Game of ThronesThe Queen’s Justice, marca ancora di più il progressivo sfoltirsi delle linee narrative, questa volta ridotte a non più di tre ambientate in altrettante location (Approdo del Re, Dragonstone e Castello Nero) dopo gli incontri tra alcuni personaggi che quasi mai si erano incrociati nelle sette stagioni precedenti, come Jon Snow Daenerys.

L’episodio inoltre presenta una volta ancora la predilezione che questa stagione sembra avere per le scene legate a riti magici e incantesimi a sfavore di momenti decisamente gore, che comunque non spariscono. Per essere chiari, morti e torture ci sono ancora e continuerano ad esserci per un po’, o non staremmo parlando di GoT, semplicemente se Cersei avrà bisogno di torturare Ellaria Sand e sua figlia, non saranno le enormi mani di Gregor Clegane la Montagna a massacrare le tue donne, ma le infinite conoscenze in campo “medico” del maestro Qyburn

Oltre a quello già citato di Jon Snow a Dragonstone, un altro arrivo al centro di questo terzo episodio è quello di Bran Stark a Castello Nero, dove una Sansa Stark ferma e decisa come non mai (e soprattutto loquace, dopo 7 stagioni in cui il personaggio è rimasto sempre e volutamente schivo e distaccato) si occupa dei Guardiani della Notte affermandosi come il terzo personaggio femminile di grande potere in questo momento nell’universo GoT (dopo Cersei e Daenerys). A rendere le cose complicate a Castello Nero sembra essere Petyr Baelish, per ora insolitamente tranquillo sebbene già protagonisti di numerosi attriti soprattutto con Jon Snow prima della sua partenza, destinati ad aumentare dopo l’arrivo di Bran. A chiudere l’episodio un primo scontro non esageratamente grafico (ma nemmeno troppo avvincente) tra le forze della regina dei draghi e quelle di Cersei, servo forse non proprio al meglio per gli standard a cui questa serie ci ha abituato negli anni.
In generale, l’episodio appare come quello fin’ora meno carico di avvenimenti (fatta eccezione per il finale) sebbene fondamentale per una serie di incontri tra personaggi che avranno diversi risvolti sia nei prossimi episodi che soprattutto nella prossima stagione.

L’impressione è quella, seppur non esageratamente marcata, che gli autori abbiano voluto dilatare sensibilmente alcuni avvenimenti, quasi a sottolineare la natura di “stagione cuscinetto” che questa settima sembra avere rispetto alle altre stagioni del serial pluripremiato. Un esempio su tutti in questo senso è lo spazio dedicato in tutti e tre gli episodi fin’ora trasmessi a Samwell Tarly e alla guarigione di Jorah Mormont dal morbo grigio, utile però a introdurre un personaggio che agli occhi dello spettatore appare come l’esatto opposto di un personaggio forte come il maestro Qyburn, vale a dire l’arcimaestro Ebrose (magistralmente interpretato da una valida new entry del cast, il mai deludente premio Oscar Jim Broadbent).

Sempre parlando di magie, maestri e incantesimi, al centro dell’episodio è sicuramente una scena straziante (anche se in un modo originale e quasi inedito per la serie americana) come quella della tortura di Ellaria Sand e sua figlia Tyene, dove protagonista è il veleno, al centro un po’ di tutto l’episodio e ripreso nel finale con l’uscita di scena di un personaggio importante come Olenna Tyrell, che con non troppa sorpesa da parte dei fan più affezionati confessa prima di morire (major spoiler) di aver avvelenato Joffrey. L’intera narrazione televisiva di GoT si può raissumere all’osso in un susseguirsi di sangue e veleno, vale a dire di archi di episodi pieni di scene cariche di gore e violenza e altre non meno crudeli ma disseminati di tradimenti, piani orditi alle spalle e omicidi sì ma in silenzio, con l’inganno. La settima stagione è iniziata (e così sembra proseguire) nel solco di questa seconda anima di quella che è una delle serie più seguite al mondo.