Henry Brogan (Will Smith) è il miglior cecchino delle forze speciali. Non è una professione la sua, è ciò che è, sempre all’erta, mai un attimo di cedimento, addestrato per uccidere, capace di centrare un bersaglio a due km di distanza su treno a 300 km all’ora.
Ma cinquant’anni, età di bilanci e di pesi sulla coscienza, vorrebbe ritirarsi. Brogan, 72 obiettivi centrati, più una serie infinita di morti durante i conflitti in tante Nazioni, un bagaglio di segreti e conoscenze che lo potrebbero rendere pericoloso, diventa un bersaglio.
A dargli un’incessante caccia è un giovane tenebroso, dall’aria particolarmente famigliare. Per Brogan, una volta che lo ha davanti, pistola puntata, è come guardarsi in uno specchio del tempo. Uno strano effetto per uno che da anni non riesce a guardare sé stesso riflesso in uno specchio.
Gli ricorda lui, vent’anni prima. Infatti, questo sicario, mandato per ucciderlo, altri non è che il suo clone, creato segretamente dal suo ex capo Clay Varris (Clive Owen) e facente parte del “progetto Gemelli” (un piano di per creare copie biotecnologiche dei migliori guerrieri, armi umane). Junior – questo il nome del clone di Brogan – è il prototipo di una nuova generazione di super-soldati.
Unendo le forze con l’agente Danny (Mary Elizabeth Winstead) e il vecchio compagno d’armi e amico Baron (Benedict Wong), Brogan, dopo una serie di rocamboleschi, folli, spietati combattimenti, viaggia dagli Stati Uniti un vari paesi dell’Europa dell’Est – Georgia, Colombia e Ungheria – per trovare il suo clone e porre fine a questa follia disumana.
Il nuovo film di Ang Lee, scritto da David Benioff, Billy Ray e Darren Lemke, ha una trama thriller piuttosto noiosa che verso la fine cede il passo alla goffaggine.
Quello che fa notizia – anche se 117 minuti per far notizia sono troppi – è la tecnologia usata per realizzare questo film.
La Weta Digital di Peter Jackson si unisce alla fantascienza di Douglas Trumbull e del suo vasto pool di crediti creativi.
Prima di tutto il ringiovanimento di Will Smith: la sua versione ventenne è sempre creata in digitale, animato in Motion e Performance Capture, modellato cioè esattamente su movimenti ed espressioni di Smith. La giustapposizione di volti reali e digitali conferisce alle scene d’azione (soprattutto una delle prime, l’inseguimento in moto) un impatto interessante e incredibile. Stupisce nella scena seguente per poi spegnersi abbastanza facilmente.
Seconda tecnica scelta da Ang Lee è la HFR 3D+ (High Frame Rate a 120 fotogrammi al secondo invece che a 24). La visione, anche in 3D, è scenografica, minuziosa nella sua luminosità, questo anche grazie al direttore della Fotografia Dion Beebe.
Insomma, digitale a parte, che merita comunque la visione, è una storia un po’ vecchiotta. Infatti è stata tirata fuori dai cassetti, senza togliere la polvere. Inizialmente il regista – parliamo di anni e anni fa – prescelto era Tony Scott, si mormora poi che tra le varie star prescelte siano stati fatti i nomi di Harrison Ford, Clint Eastwood e Sean Connery.
Gemini Man è senza dubbio un bel balzo in avanti, ripetiamo, per incredibili effetti visivi, ma privo di quelli, sarebbe un thriller senza di chance.
Titolo originale: Gemini Man
Nazione: U.S.A.
Anno: 2019
Genere: Azione, Drammatico, Fantascienza
Durata: 117′
Regia: Ang Lee
Cast: Will Smith, Mary Elizabeth Winstead, Clive Owen, Douglas Hodge, Benedict Wong, Ralph Brown, Linda Emond, Theodora Miranne, David Shae, Tim Connolly
Produzione: Skydance Media, Jerry Bruckheimer Films
Distribuzione: 20th Century Fox
Data di uscita: 10 Ottobre 2019 (cinema)