Giovanni Dell’Olivo canta Alberto D’Amico

A distanza di due anni dalla scomparsa di Alberto D’Amico, Giovanni Dell’Olivo riporta in vita le sue canzoni. È avvenuto domenica 26 giugno, in una serata al Laguna Libre di Cannaregio, nell’ambito del Veneto Jazz Festival.

Dell’Olivo, cantautore colto e poliedrico già noto per album preziosi come Lagunaria, Kociss, Addio a Ulisse e Memorie di Atlantide – molti dei quali hanno avuto anche un fortunato esito performativo – rende omaggio al ‘cantore’ della Venezia dei vinti, assumendo e ‘facendo sue’ alcune delle gemme della produzione di D’Amico. Oltre al tributo – doveroso e che ci si augura trovi in futuro anche un contesto più istituzionale – il concerto parte anche dal consolidato rapporto tra i due artisti, che più di una volta si erano esibiti insieme in diversi progetti. Del resto, proprio Lagunaria è il disco in cui il discorso e la ricerca sulla musica popolare veneziana vengono ripresi a molti decenni di distanza dall’ondata di entusiasmo che aveva caratterizzato gli anni Settanta.

Un florilegio, dunque, che ci immette immediatamente nelle sonorità e nelle parole tipiche di Alberto, oscillanti tra epica dei perdenti e sguardo elegiaco verso un passato che non torna. C’è il momento fondativo della città d’acqua, Ariva i barbari, narrato da chi le guerre, le epidemie e la povertà le vive sulla propria pelle. Storia esilarante con il retrogusto amaro che contraddistingue sempre l’ingiustizia. Ma anche la grande impresa che vede edificare la Chiesa della Salute, Mama Madona dei venessiani, sorta di preghiera collettiva per scacciare la peste e simbolo ancora oggi per tutti i residenti. C’è’ la toccante parentesi dei canti di cella, con lo straordinario trittico composto da Muri alti e inferiae, A Santa Maria Magior e Il primo furto, canto anonimo che proprio D’Amico aveva fatto uscire dall’oblio. Ma anche l’amore della gente comune, i baci degli amanti cullati dalla luna: storie lagunari, con i loro risvolti piccanti (Le manine de la Renata) e tragici (Co gerimo scolari). C’è la rabbia e la protesta di Giudeca, un canto così potente che riesce a superare il tempo e le generazioni. E tanto altro, le fabbriche di Marghera, le incursioni nel Canzoniere Popolare Veneto (cui D’Amico partecipò attivamente per molti anni), i pudori e la sfrontatezza di amori adolescenziali consumati sull’acqua…

Dell’Olivo è al solito bravissimo, accompagnato da Stefano Ottogalli alla chitarra e dalla stupenda voce di Serena Catullo. Il viaggio è coinvolgente e allo stesso tempo commovente, in un flusso mai interrotto da spiegazioni o chiose, che sarebbero state del tutto superflue.

Pur in un contesto ‘decentrato’, seppure molto suggestivo, Alberto D’Amico è tornato a cantare Venezia, la sua storia, la sua bellezza e i suoi guai.