Nonostante l’enorme lasso di tempo a separarlo dal primo capitolo, Gli Incredibili 2 non arretra nemmeno di un centimetro rispetto alle ambizioni originarie, facendosi ancora una volta portavoce di un’idea di animazione che non scende a compromessi col presente ma anzi lo assimila per rinverdire la propria visione. Un’opera intransigente, come era lecito aspettarsi da un regista che sull’intransigenza ha fondato la sua deontologia.
La storia riprende da dove si era interrotta, senza balzi in avanti o recap: il Minatore emerge dal sottosuolo alla guida di una trivella gigante rovinando il weekend dei Parr, che riescono a evitare il peggio a costo di venire arrestati per aver infranto la legge sull’utilizzo dei superpoteri. C’è però qualcuno che ha ancora fiducia in loro: Winston Deavor, magnate delle telecomunicazioni che, assieme alla sorella Evelyn, sogna un mondo in cui i supereroi sono liberi di servire il bene comune. Per far guadagnare popolarità alla loro gente, Winston chiede a Helen – più prudente del marito – di vestire i panni di Elastigirl per sconfiggere il malvagio Ipnotizzaschermi – in originale Screenslaver, bel gioco (intraducibile) di parole: lei accetta e il capofamiglia si ritrova a fare il papà a tempo pieno. Per Helen finalmente il momento di gloria che aveva tanto atteso, ma forse è troppo bello per essere vero…
Dal debutto sul grande schermo della «normale famiglia di supereroi» targata Pixar sono passati 14 anni, abbastanza perché i bambini che l’avevano visto all’uscita in sala diventassero adulti, eppure Brad Bird non ha mai smesso di amare la sua creazione e di riflettere su quello che con essa voleva raccontare. Nel mentre non è rimasto con le mani in mano, imbarcandosi in progetti più – il Premio Oscar Ratatouille (2007), raccogliendo il testimone di Jan Pinkava – o meno – il fiasco di critica e pubblico Tomorrowland (2015) – andati a segno. Poi tre anni fa l’inizio della stesura della sceneggiatura e il seguito a lungo procrastinato che vede la luce negli studios di Emeryville.
«L’età è solo un numero» sembra voler dirci l’autore, che con la stessa freschezza tratteggia un futuro –il presente di Mr. Incredibile e famiglia – visto attraverso la lente deformante del periodo della sua infanzia, quando la gente pensava al domani con entusiasmo: il risultato è un immaginario retrofuturista da rivista di fantascienza anni Sessanta, con family diner e Pontiac che sopravvivono accanto a case automatizzate e treni a levitazione magnetica, con il consueto occhio di riguardo per i gadget all’avanguardia – un genere, quello dello spy movie, cui Bird ha dato il suo personale contributo con la regia di Mission: Impossible – Protocollo fantasma (2011).
Non si tratta però di un immaginario chiuso in se stesso. Dal 2004 molte cose sono cambiate: l’avvento di internet e degli smartphone ci ha consentito di restare sempre connessi, esponendoci però al rischio di venire manipolati a nostra insaputa. A incarnare e stigmatizzare questa contraddizione è appunto l’Ipnotizzaschermi, uno degli antagonisti più accattivanti che il cinema in calzamaglia ricordi: il suo proclama agli spettatori in trance, cui rimprovera di aver rinunciato a mettersi in gioco per osservare la vita da dietro uno schermo, non è solo incredibilmente lucido ma anche condivisibile. È un supercattivo senza una vera identità che ha bisogno di una protesi analogica per sostanziarsi: come la rete, non ha un volto o un nome ed è inafferrabile. Piuttosto che da un divoratore di pianeti o un criminale col sorriso indelebile, il nemico da cui guardarsi è quell’intangibile flusso di informazioni di cui non possiamo fare più a meno.
Ma ancor prima che nell’idea di cattivo, è nell’idea di eroe che Gli Incredibili 2 si distanzia anni luce dalla retorica marveliana dei film-stampino. L’eroe è sì un individuo unico, speciale – ci vuole insomma un quid di partenza –, ma è tale in quanto «sceglie di esserlo», come ci ha insegnato Il Gigante di Ferro (1999): un’arma atomica pacifista, un ratto chef e un superuomo “mammo” non sono che alcune delle possibili declinazioni di eroismo. Giocando sull’inversione dei ruoli tradizionali, Bird ce ne mostra due complementari: lei a dare sfogo alla sete di indipendenza e azione, lui a fare l’impossibile per conquistarsi l’amore dei figli, che in questa seconda puntata godono di una caratterizzazione più coerente col loro ruolo, secondo una simpatica logica “a ognuno il suo” – Flash e la matematica, Violetta e il fidanzatino, il “perverso polimorfo” Jack-Jack e le prime avvisaglie dei poteri. Benché inizialmente riluttanti, i coniugi Parr sono entrambi eroi perché scelgono di andare fino in fondo, anche quando sarebbe stato possibile – e in certi frangenti persino logico – tirarsi indietro.
E l’individualismo etico, denominatore comune della filmografia dello statunitense, si esplica anche nel rifiuto dei paletti del target. Data l’inedita vocazione “materna” del personaggio maschile, Gli Incredibili 2 si configura senz’altro come film per famiglie ricco di gag, ma non rinuncia alla scarica di adrenalina del predecessore. Preparatevi quindi a inseguimenti con camera car, combattimenti in soggettiva e una buona dose di esplosioni e cazzotti non troppo delicati: se c’è una cosa che Brad Bird ci ha insegnato è che bambini e adulti possono trovare un punto di riferimento comune nel cinema, quando questo non si limita a parlare soltanto a una categoria di spettatore.
Pur con il neo di una punta di autoreferenzialità – troppe le scene citate o riprese dal primo – e delle infelici sostituzioni nel doppiaggio nostrano, Gli Incredibili 2 è al contempo soavemente infantile e brutalmente adulto nell’analizzare un’umanità alla ricerca di una perduta età dell’oro, quando a essere punita era la mediocrità. Uno di quei rari casi in cui si può guardare con ottimismo al prossimo lungometraggio.