“Il libraio di Selinunte” – incontro con Roberto Vecchioni

Il libraio di Selinunte e...l'aedo che si accecò per rimanere nel sogno

Metti una sera d’aprile in provincia di Padova, in una piccola città che non è più borgo agricolo, ma neppure agglomerato urbano, Conselve. Il posto è un palazzetto dello sport , con quella tipica atmosfera da soffitti alti e..tanto spazio e pareti incolori e luci al neon. Roberto Vecchioni sale su un piccolo palco basso , il sorriso largo di chi è davvero contento di essere lì e inizia a chiacchierare di fronte a un pubblico multigenerazionale, multi-intenzionato a fare domande e “multi” molto altro …

Eppure ci siamo trovati lì, quella sera, per il suo libro, ultimo di altre fatiche letterarie che, in realtà, come lui stesso sottolinea, non hanno mai avuto l’intenzionalità di creare “un romanziere” ma per suggellare e rivelare con ancora, se possibile maggiore felicità di racconto ( io che conosco moltissime delle sue canzoni dico che è difficile condensare in testi, livelli di grazia superiori nel rapporto con la parola), la parola come necessità e come universo totalizzante e pieno di “eros” verso la vita stessa.

Il libraio di Selinunte è la storia della formazione di un bambino, Nicolino, alla lettura e di questo vecchio libraio che nella libreria ha costruito un regno esistenziale di “amore per la lettura” (ma non è un vecchio burbero come quello de “La Storia infinita” di Michael Ende messo in pellicola da Wolfgang Petersen, che costringe il ragazzo a rubare il libro, questo è un vecchio dolce e gentile, che comunque il ragazzino spia altrettanto di nascosto, forse perchè è talmente magico il rapporto con la lettura che può essere imparato solo spiando)… E’ arrivato, lui così misterioso, con i suoi bauli, in una città dove le parole si sono perse ( proprio come nella fiaba di Ende dove ” il nulla sta avanzando”) e i libri non li vende, li legge soltanto ad alta voce… Ma come nella dinamica delle favole , il sospetto, la stupidità e l’ignoranza di alcune menti, conducono all’azione malvagia, qui a un certo punto della storia viene incendiata la libreria dai cittadini di Selinunte….

Le parole così scompaiono del tutto ( come forse ricorderete anche Truffaut in Fhareneiht 451 raccontò un feroce tentativo di distruzione dei libri e della memoria culturale) e… Se volete confrontare il finale “Truffautiano” con quello “Vecchioniano”, fate pure, io non ve lo racconto…Certo, vi rimane facile immaginare che questi due maghi, della parola e dell’immagine, abbiamo voluto ognuno dei due portare in salvo l’origine della vita contenuta in questi semi che sono le parole. “La parola è un miracolo diaristico nei confronti di Dio, la parola riesce anche a rivalutare il non sense….” . Il bambino del libro diventa la memoria di Selinunte e da grande insegnerà le parole alla donna che amerà….Perché, dice Vecchioni, “non esiste amore senza la dolcezza, la bellezza della parola”, che “è l’altra pelle dell’amore”… Una valanga di suggestioni, dunque, che sembrano non esaurirsi in questa sera dove, per dirla con le parole di Milady , il cuore non è più “un soldatino che scrive lettere a nessuno”, perché siamo in tanti e il fuoco di fila delle domande sembra quasi il brulicare di accendini accesi ai concerti, e Roberto, con la passione con cui lo vediamo cantare a occhi socchiusi sul palco nelle riprese video dei concerti, risponde accorato, attentamente anche al pungolo di chi apre dibattiti sul mondo della scuola e sul suo lavoro di insegnante.

E un simpatico signore assumendo a metafora la citazione precedente di Edipo a Colono che va sereno di fronte al suo destino tragico, gli chiede dell’atteggiamento possibile per i tifosi interisti . E il Roberto che qualche minuto prima raccontava, con la profondità viscerale di Alessandro di fronte al mare, del suo ” disperato amore per i classici greci”, si trasforma nel ragazzino ironico con gli occhi luminosi che ha scritto anche molte canzoni satiriche, e risponde più o meno che ” lì non c’è speranza”. Ma ogni tema che attraversa la serata finisce col misurarsi con il filo conduttore della parola ” magico mistero” , e, dice Roberto ” il suono stesso rappresenta la prima azione di Dio che creando il suono della parola, ha strappato dal silenzio della morte”.

Il rapporto con Dio ha seminato tracce sempre più consistenti nelle canzoni degli ultimi 10 anni, qualcuno dunque ha chiesto chiarificazione e Roberto si dichiara credente, ma aggiunge ” il suo dialogo non è col Dio punitivo della Bibbia”, ma piuttosto con quello dei vangeli… E infatti penso al Dio madre a cui l’autore in “Tommy”, il racconto del suicidio di Tommy, dice ” dagli un attimo di madre, contro ai tuoi regolamenti, fallo tanto chi ti vede, toglilo dai miei che ne ho già avuti tanti …”; oppure penso al Dio complice di “la stazione di Zima” (spiega Roberto che in russo “Zima” vuol dire “Inverno”) che dice all’autore ” non scendere, continua con me questo viaggio” o a quello di Bluemoon, quasi compagnone, a cui egli dice ” non mi dire più niente si lo so, che ho giocato con gli anni si lo so…”. Ma , in particolare io, vorrei sentirlo parlare del suo amore per la cultura classica, davvero trepidante nelle sue canzoni, e che in questa serata sta fuoriuscendo troppo misurato, a causa del legame della tematica con le problematiche della didattica e dell’istruzione. Gli ho chiesto allora se ” quel Valerio sfinito di gotta e d’amore” di cui parla in “Quest’uomo” ( brano autobiografico dedicato ai figli maggiori) non sia quasi un ‘altro sé stesso, e perché così vibrante questo viaggio nel DNA dei sogni e della memoria di un mondo così antico. E mi ha risposto cantando senza musica la canzone ” del libraio di Selinunte”…

E poi ha parlato della musicalità della lingua greca, della immortale modernità degli eroi del teatro greco, delle passioni di un mondo che può sembrare incredibile pensare sia tanto lontano nel tempo….. Non ironizzate mai ” sul professor Vecchioni”; quanta parte dell’ anima che scrive canzoni abbia diviso con i suoi studenti non lo sappiamo, ma, io che a mia volta ho avuto docenti di cultura classica, sono rimasta a guardarlo parlare con gli occhi sgranati … Non avevo mai visto un uomo parlare ” così innamorato” di quel mondo dove ” gli aedi si accecavano per rimaner nel sogno” ( così racconta in “L’ultimo spettacolo” ). Vorrei quasi dire che se l’intento della brava organizzatrice era quello di creare fusione tra artisti eclettici ( è previsto per esempio anche un incontro con Guccini) e un sempre imprevedibile pubblico “cittadino o provinciale” che sia, in realtà, senza saperlo si aveva voglia di sentir parlare anche di sogni, della voglia di sognare che, forse è uno dei primi motori che riescono ancora a mettere insieme generazioni tanto diverse… E, non trascura di dire Vecchioni, la cui sensibilità politica e sociale è sempre stata trasparente nelle sue canzoni, va bene anche “inglese e computer alle elementari” ( come recita una mastodontica propaganda elettorale), ma preoccupiamoci della conservazione “del gusto per il libro”, non solo per la sua capacità di dare memoria culturale, ma anche per quello che di unico, concreto, tattile, c’è nel rapporto con la lettura, con la pagina, con gli spazi bianchi…

E a proposito di sensibilità sociale, non poteva mancare la questione del suo rapporto con l’Africa , dato che dà il titolo al suo ultimo ” Rotary club of Malindi”, e che come è stato ampiamente raccontato dai media, nato da motivi personali di ricerca di spazi diversi di ritrovamento di energie spirituali, è poi sfociato in una vicenda più completa e continuativa , di conoscenza e attrazione. Anche dell’Africa Roberto è innamorato, anche se naturalmente non può non sottolineare le problematiche enormi di sviluppo che non sia acculturazione e omologazione . Ma, dice, c’è qualcosa di entusiasmante in queste possibilità di sviluppo, come succede alle democrazie giovani, che hanno molto da restituire , quando possa essere valorizzato il loro reale potenziale culturale ( basta recarsi a un festival del cinema africano per rendersene conto, questo ve lo posso assicurare personalmente). In particolare, Roberto racconta della sua attrazione per l’animismo, e di come in Kenia questa anima più originaria e primitiva sia riuscita a incontrarsi armoniosamente con quella cattolica , e poi, quando si mette in atto la reciproca tolleranza culturale….

Insomma, dice Roberto, l’Africa potrebbe dare moltissimo se ” la si tratta bene”, e chissà se quel “potrebbe” somiglia un po’ “a quella malinconia che sta nel colore basso della sera”….. Di certo, se è vero che nelle canzoni c’è un po’ di profezia come recitava in “Conversazione con una triste signora blu” il verso ” non è la vita a fare le canzoni come credi tu, sono le canzoni che costringono la vita ad essere com’è e come non è” , allora chissà che questo Rotary Club del Malindi, nuova avventura umana e artistica di Roberto Vecchioni, sia per tutti uno spazio mentale ” bianco e nero” ma ” a colori”….

Edizioni Einaudi, 2004