Primo appuntamento in sala – solo il 19 e 20 Settembre – del nuovo ciclo Nexo Anime, In questo angolo di mondo (2016) è il terzo lungometraggio del regista e animatore di lungo corso Sunao Katabuchi – se ne ricorda l’ottimo lavoro svolto con l’adattamento della serie Black Lagoon (1996) – , che dopo sette anni torna sul grande schermo con una toccante biografia ad ambientazione storica basata sul manga di Fumiyo Kōno.

Nel villaggio di Eba, vicino Hiroshima, vive la piccola Suzu, un po’ sbadata e con la passione per il disegno. Il tempo passa in fretta e in men che non si dica la bambina si è fatta giovane donna e deve decidersi a prender marito: dopo qualche resistenza, accetta la proposta di Shūsaku, impiegato presso gli uffici della Marina a Kure, dove si traferisce a vivere con la famiglia di lui. Corre l’anno 1944 e l’ombra della guerra si allunga anche sulle zone rurali del Giappone, costringendo Suzu a mettere da parte se stessa per il bene della casa, il cui quieto vivere sarà messo in crisi dalla cognata Keiko e da una “vecchia fiamma” della protagonista, con sullo sfondo le disgrazie che si abbatterono sulla regione dello Honshū.

in questo angolo di mondo

Vincitore del Premio Animazione dell’Anno ai Japan Academy e del Premio della Giuria al Festival di Annecy, Kono sekai no katasumi ni – questo il titolo originale, in italiano tradotto letteralmente – analizza gli eventi del secondo conflitto mondiale adottando la prospettiva di una particolare categoria di innocenti: non più i bambini senza punti di riferimento di Una tomba per le lucciole o Gen di Hiroshima, bensì una «buona moglie, madre saggia» ben inquadrata nel contesto sociale di appartenenza, che nonostante le avversità non finirà mai per disgregarsi.

Il fluire del tempo narrativo si accorda perfettamente con il carattere di Suzu riportando alla memoria il tono trasognato della prima pellicola di Katabuchi, Princess Arete (2001). Kure appare una sorta di locus amoenus in virtù non tanto della sua posizione geografica – gli indicatori delle ostilità fanno anzi capolino continuamente, si tratti della Corazzata Yamato o di un bombardiere americano – , quanto dell’atteggiamento che la sua mediocre e allo stesso tempo particolarissima inquilina ha nei confronti della vita.

princess arete
Un frame dal troppo spesso dimenticato “Princess Arete” (2001)

Peccato che questa sensazione di ininterrrotto scorrere si sia tradotta in scelte discutibili a livello di montaggio, che appare del tutto sconnesso soprattutto nella sezione iniziale: gli anni della prima giovinezza sono caratterizzati dall’andrivieni di eventi poco distanti l’uno dall’altro, talvolta reali talvolta frutto della fantasia di Suzu; data l’assenza di un criterio di raccordo,si finisce così per perdere di vista ciascun piano della narrazione. Altrettanto fuori luogo può dirsi poi la ricorrenza delle ellissi, disseminate per tutto il film e che frustrano le aspettative dello spettatore portandolo a chiedersi se una determinata scena stia effettivamente accadendo o non sia piuttosto già accaduta.

Stona infine con l’argomento pur sempre seinen il character design, nell’opera di Katabuchi mai così stilizzato e approssimativo – nemmeno in un lungometraggio ingenuo e povero di contenuto come poteva essere Mai Mai Miracle (2009) – , che lascia perplessi considerate la sua esperienza e la quantità dei fondi raccolti attraverso la campagna di crowdfunding, da sole garanzie bastevoli – almeno nella teoria – di un’animazione impeccabile su tutti i fronti.

in questo angolo di mondo
La famiglia del marito Shūsaku, con la nipotina Harumi

Non manca comunque la volontà di sperimentare, come si evince dalla sequenza dell’esplosione in cui la nipotina di Suzu, Harumi, perde la vita: su sfondo nero – a significare la perdita sensoriale – prendono a danzare linee bianche che ricordano i recenti corti di Koji Yamamura – nello specifico, Five Fire Fish di eco mclareniana – e tracciano gli ultimi istanti prima del fatale incidente, dando quindi il la a un flashback più tradizionale ma fortemente evocativo.

In questo angolo di mondo è insomma sia uno spaccato storicamente accurato che un racconto dolceamaro, realistico nel descrivere gli alti e bassi della vita coniugale anche se talvolta eccessivamente affettato e non troppo innovativo sul piano visivo. Ciò detto, per quanto sia un piacere constatare il ritorno alla ribalta di questo autore, c’è da dire che il riconoscimento ottenuto dall’ultima fatica sarebbe forse da imputare alla sua lunga assenza dalla scene piuttosto che alla qualità intrinseca – comunque elevata – della stessa.