Dopo Carne de Perro, dramma cupo ed esistenziale su un ex torturatore delle milizie della dittatura di Pinochet, il regista cileno Fernando Guzzoni prova a indagare gli abissi degli adolescenti che hanno un piede nel baratro della folle delinquenza.
Jesus è il nome del protagonista (Nicolas Duran), un ragazzotto con la passione della musica, balla in un gruppo pop, e ha delle note musicali tatuate sul collo. Dalla morte della madre, Jesus vive nella capitale del Cile con il padre (Alejandro Goic), uomo di mezza età che non riesce ad avere una conversazione, non la cerca nemmeno a dirla tutta, con il figlio.
Una sera, insieme alla sua gang di amici, tutti sballati, Jesus commette un atto feroce ai danni di un coetaneo. Disperato, confida al padre quello che ha fatto.
Jesus ha un’impostazione tecnica semi documentaristica, fatta di primi piani dove primeggiano le ombre come a risaltare il lato oscuro dell’animo umano. Il regista ha preso spunto per la sceneggiatura da un caso di cronaca del 2012: un ragazzo è stato brutalmente ucciso in una piazza del centro di Santiago. Vittima e carnefici i erano ragazzi con figure paterne assenti, o poco presenti, e provenivano dallo stesso contesto sociale.
Queste sono le premesse che hanno fatto riflettere il regista nel comporre questo suo secondo lungometraggio. Lo scopo principale di questo film, quindi, è indagare sul rapporto padre figlio, sulla mancanza del primo e sulla perdizione del secondo.
Molto realistico nelle scene di tormento, di sesso e soprattutto nella sequenza del pestaggio del giovane gay, Jesus ha una trama disfunzionale che ambisce a sollevare questioni morali. Sembra che la colpa di figli criminali sia da imputarsi solo all’assenza di una figura paterna o superficialità dei genitori. Guzzoni prova a mettere a fuoco la criminalità del branco, i sensi di colpa, la disperazione paterna, ma riesce a mettere a fuoco solo il suo punto di vista, come regista; e per quanto possa essere interessante la tecnica registica, la sceneggiatura è distratta, individuale, e non riesce a suggerire al pubblico uno spunto di riflessione.