L’unico film italiano in concorso al 40° Torino Film Festival, parte da nobili e alte premesse.
“Più di 60 bambini – spiega Magnani – sono rinchiusi, innocenti, nelle carceri italiane (non abbiano dati per quelle all’estero). Questo perché le loro madri sono detenute ed essi non hanno altro luogo dove vivere. A partire da ciò – prosegue – ho pensato che l’unico modo per denunciare questa situazione fosse quello della fiaba, un po’ sospesa tra una realtà astratta e la fantasia, compassionevole e benevola, al di là del bene e del male.”

Così si dipana la storia di un bimbo che nasce dentro al carcere da madre e padre entrambi delinquenti incalliti e detenuti. Erano convinti che sarebbe nata una bambina e che si sarebbe stata chiamata Rosa. Ma è maschio e lo chiamano Giacinto, che sempre un fiore è.
Abbandonato dagli sciagurati genitori, cresce solo grazie alle cure del secondino Jack (Giovanni Calcagno) burbero ma benefico. Il piccolo è mite, silenzioso, ma non conosce altro contesto se non il carcere e non accetta di vivere altrove (tranne un periodo nefasto e tragico in una comunità con ragazzi che lo bullizzano crudelmente) se non in quel carcere femminile, tra persone che a loro modo lo accettano per come è e gli vogliono bene.
A dispetto del regolamento carcerario, a Giacinto è permesso di correre nell’edificio, per allenarsi per una maratona. Sarà proprio dalla corsa che inizierà la sua rinascita, simboleggiata poi nel finale anche dalla reale nascita di una bambina, una nascita avventurosa e rocambolesca, quasi come la sua.

Vari piccoli dettagli rendono la misura dell’attenzione di Magnani: per esempio la facciata del carcere, completamente costruita di fantasia e non uguale a nessuna di quelle – reali – che sono poi mostrate nei titoli di coda. Oppure il modo di correre di Giacinto, con le braccia accanto al busto, quasi un passerotto che cerchi di spiccare il volo senza mai riuscirci.

Il film, interamente girato in Ucraina nel settembre 2021, si era avvalso di collaboratori locali, molti dei quali – come ricorda il regista – oggi si trovano a combattere. “Anche a loro è dedicato questo film”. Adriano Tardiolo è Giacinto (era stato debuttante in Lazzaro Felice dallo sguardo mite e trasognato “indispensabile per questa parte”. Tra gli altri interpreti anche Barbora Bobulova (la direttrice del carcere) e la ucraina Nina Naboka (Rocky).

Il regista riminese Andrea Magnani (classe 1971), già sceneggiatore per il cinema e la televisione, è al suo secondo lungometraggio, dopo Easy – Un viaggio facile facile , del 2017, con protagonista il compianto Libero De Rienzo: “anche a lui è dedicato questo film”, indicano i titoli di coda.

Un film attraverso il quale il regista invita a considerare “la schiavitù interiore che ci impedisce di partecipare alla vita” e a chiederci “che cosa ci educa a «non vivere» nella nostra vita di tutti i giorni”. Intento molto impegnativo: valeva la pensa di provarci anche se forse ci sarebbe voluto qualche approfondimento di più.